Page 129 - Peccato originale
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corona di lino bianco formata da cinque pezze circolari di
                tessuto rosso disposte a croce, s’insospettisce di fronte alle

                domande,  non  risponde  alle  richieste  di  ulteriori
                informazioni e se ne va.

                    Questa  residenza  rappresenta  il  fiore  all’occhiello
                dell’ordine  del  Santissimo  Salvatore  di  Santa  Brigida,  la
                cui  casa  madre  si  trova  in  piazza  Farnese  a  Roma,  con

                abbadessa  madre  Tekla  Famiglietti.  Le  sorelle  brigidine
                operano  in  tutto  il  mondo,  hanno  conventi  negli  Usa,  in

                Messico, a Cuba, in India, nelle Filippine, in Indonesia e in
                mezza Europa. Negli anni del pontificato di Wojtyła, con
                Caloia allo Ior, madre Famiglietti è la suora più influente

                nei  sacri  palazzi.  Un  filo  rosso  di  solida  amicizia  e
                reciproca  riconoscenza  la  lega  senza  intermediari  a

                Giovanni  Paolo  II  e  al  suo  segretario,  don  Stanisław
                Dziwisz.  Entrambi  apprezzano  quanto  fatto  dall’ordine

                nella Polonia comunista. Inoltre l’abbadessa può contare
                su  rapporti  di  consuetudine  e  collaborazione  con  Fidel

                Castro  e  il  suo  primo  segretario  Carlos  Valenciaga  Díaz;
                gode del rispetto e della riconoscenza dell’allora premier
                Giulio  Andreotti:  dal  conto  di  quest’ultimo,  «fondazione

                Francis Spellman», troviamo diverse rimesse a suo favore.
                «Con  lei  ebbi  un’incomprensione»  mi  racconta  Pietro

                Orlandi,  fratello  di  Emanuela,  per  diciotto  anni  allo  Ior
                con  diverse  mansioni.  «Quando  veniva  in  banca  erano

                tutti  molto  deferenti  nei  suoi  confronti,  ma  lei  aveva
                sempre  un  atteggiamento  scostante  con  noi  dipendenti.

                Dava però delle laute mance a chi la serviva. Quando toccò
                a  me  vidi  che  mise  la  mano  in  tasca:  estrasse  una
                banconota  e  me  la  tese  con  la  mano.  Senza  guardarmi

                negli occhi, senza proferire parola. Non l’accettai, declinai
                cortesemente, lei ritrasse subito la mano con il denaro. I

                colleghi  erano  pietrificati,  temevano  ritorsioni  per  quella
                che  da  tutti  venne  letta  come  una  mancanza  di  rispetto.
                Ma  io  vivevo  del  mio  stipendio,  guadagnato  con  onestà,




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