Page 126 - Peccato originale
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banchiere romano Giampietro Nattino, proprio in quegli
anni in ascesa, tra la capitale e il Vaticano, con la sua
banca d’affari Finnat. Nel 2016 Nattino finisce sotto
inchiesta con l’accusa di riciclaggio tra lo Ior e altre
banche. Nella lista nera di Caloia compaiono anche
diplomatici come Henryk Kupiszewski, ambasciatore
polacco presso la Santa sede e l’ordine di Malta;
congregazioni e ordini religiosi come quelli del
Fatebenefratelli (1,3 miliardi) e delle «suore min. inf.»
(probabilmente ministre degli infermi) di Lucca (2
miliardi).
Ma è un altro documento, sempre sullo «Ior parallelo»,
a essere ancor più sconvolgente, custodito nelle segrete
della banca vaticana e qui reso pubblico per la prima volta
(vedi Appendice). È un appunto vergato e firmato a mano
da monsignor De Bonis, nel quale il prelato della banca
riporta tutti i conti correnti che gestiva. È diviso in tre
gruppi di depositi, a seconda della valuta e della proprietà
(in lire e in dollari, gestiti per conto terzi o personali).
Risaltano subito conti correnti che portano a pensare a
Karol Wojtyła. Si tratta dei conti 001 3 11595, intestato
«Mons. Stan.», e 001 3 11746, intestato «Sua Sant.»,
entrambi in lire, e dei depositi, in dollari, 051 3 04011,
intestato «Sua Sant.», e 051 3 04020, «Don Stanisl». È
logico ipotizzare che possa trattarsi dei quattro depositi di
riferimento dell’allora papa Giovanni Paolo II e del suo
segretario, oggi cardinale e arcivescovo emerito di
Cracovia, il polacco Stanisław Dziwisz.
È sorprendente che i quattro conti compaiano in questo
elenco, nel quale De Bonis indica con precisione tutti i
depositi, con intestazioni fittizie, gestiti per clienti
innominabili (i conti: 001 3 16764, «Jonas Foundation»,
utilizzato da Luigi Bisignani; 001 3 14774, «Spellman»,
con firma Andreotti; 001 3 14337, «Santa Caterina» e
14577 «San Martino», ancora avvolti dal mistero). È
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