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Il crowdfounding



          Letteralmente si tratta di una modalità di reperire finanziamenti tramite la
          gente (Crowd, folla, in inglese), una sorta di campagna di raccolta fondi che

          parte  dal  basso.  La  veloce  diffusione  del crowdfounding  è  dovuta
          essenzialmente  alla  crescente  espansione  dei  social  media  e  alla
          globalizzazione geopolitica.  Oggi basta saper utilizzare il web e conoscere
          un  po’  di  lingua  inglese  per  tentare  di  racimolare  soldi  senza  limiti

          territoriali, da gruppi di persone con interessi comuni al fine di finanziare
          un progetto o un’iniziativa. Proprio per questo è particolarmente indicato
          per incentivare le start up.
              Grazie  al crowdfounding,  ad  esempio,  la  scuderia  di  Formula  Uno,

          Caterham F1 Team, ha trovato il denaro per partecipare all’ultimo Gp della
          stagione ad Abu Dhabi, dopo averne saltati due per mancanza di capitale.
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          Ma senza spingerci troppo lontano, basta ricordare il caso di Patrizia.  Dopo
          una fase iniziale in sordina, lo strumento sembra finalmente essere sulla

          bocca  di  tutti.  Quella  a  cui  stiamo  assistendo  ora  è  un’ampia
          sperimentazione  di  soluzioni  innovative  e  alternative  che  spiega  la  vasta
          gamma di piattaforme presenti sul mercato. Secondo il più recente report
          globale  sullo  stato  del crowdfunding  pubblicato  su  Crowdsourcing.org,ce

          ne sono circa cinquecento attive nel mondo di cui il 50 per cento con base
          in Europa. In Italia ne ho contate venticinque, tutte nate dopo il 2011, con
          l’eccezione di Kapipal e Produzioni dal Basso avviate nel «lontano» 2005.
          In  linea  generale  possiamo  classificare  le  piattaforme  in  base  al  tipo  di

          ritorno che le persone ottengono una volta che hanno donato del denaro
          per un progetto. Secondo il report citato, più dei due terzi di quelle presenti
          al  mondo  sono reward-based  crowdfunding:  quando  qualcuno  effettua
          una  donazione  riceve  in  cambio  una  ricompensa  o  un  premio,  siano  essi

          materiali – per esempio, il pre-ordine del prodotto non ancora sul mercato
          – o più intangibili, anche un semplice «grazie» sul sito. Alcune piattaforme
          sono,  invece,  dei  veri  tramiti  di  investimento  finanziario  come,  nel  caso
          della musica, SellaBand e Bandstocks.

              Gli iniziatori del progetto e i loro partner generalmente definiscono una
          scadenza  entro  la  quale  reperire  una  somma  target.  Quest’ultima  viene
          divisa in migliaia di parti uguali offerte in forma di azioni a prezzo fisso.
          Una  volta  raggiunto  l’obiettivo  inizia  una  fase  di  investimento  vera  e

          propria.  Si  tratta,  però,  di  una  modalità  diffusa  soprattutto  all’estero.  In
          Italia  i  limiti  imposti  dalla  legislazione  hanno  rallentato  non  poco  lo
          sviluppo di piattaforme equity-based, come SiamoSoci, che comunque può
          già vantare alcuni successi importanti. Anche il microcredito è una forma di

          crowdfounding molto utile per fare a meno delle banche. Si tratta di una
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