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Il corporate barter
Se la moneta non gira non c’è mercato e la produzione, di qualsiasi tipo,
implode. Per questo da qualche anno (oltreoceano esiste dalla crisi del
1929) si sta sviluppando anche nel nostro paese – tra la comunità delle
aziende, soprattutto piccole e medie – un sistema che non produce liquidità
ma che sicuramente ne fa risparmiare tanta: il corporate barter, una sorta
di baratto o meglio di compensazione multilaterale tra aziende che avviene
per il tramite di alcuni network molto conosciuti sul web ai quali spetta
una quota associativa che mediamente costa circa il 5 per cento di quanto
movimentato. Si tratta di uno strumento di pagamento complementare alla
moneta tradizionale, una modalità di transazione tra aziende con forma di
pagamento in merci e servizi.
In altri termini il corporate barter consente alle aziende che hanno poca
liquidità e a cui le banche hanno ridotto o chiuso gli affidamenti di pagare
gli acquisti con la vendita dei propri prodotti. I dati dell’Irta (International
Reciprocal Trade Association) riportati dalla testata economica
«Bloomberg» stimano in Usa un mercato da 12 miliardi di dollari all’anno
in transazioni che non prevedono scambio di valuta. A chi si rivolgono i
circuiti di corporate barter? Soprattutto a commercianti con fondi di
magazzino che in tal modo hanno il vantaggio di promuovere il proprio
invenduto ma anche a fornitori di servizi i quali non hanno materiale da
scambiare e quindi risulta più semplice il do ut des. Il baratto tra aziende,
come abbiamo detto, è multilaterale cioè avviene tra soggetti diversi e può
essere effettuato al 100 per cento in natura oppure pagando una parte in
denaro. Lo schema è semplice: A vende a B che vende a C che a sua volta
vende ad A. In tal modo il corporate barter non rappresenta solo una
strategia finanziaria anticrisi ma anche una nuova forma di marketing per
piccole imprese. Permette, infatti, di allargare il mercato di riferimento
delle aziende e di intercettare clienti e territori nuovi.
Al momento dell’ingresso nel network, successivo all’analisi della
solvibilità dell’aderente, viene concesso un piccolo fido, meglio dire una
«disponibilità di acquisto» poiché non genera interessi di alcun tipo, con
cui l’azienda può fare le prime transazioni. Ogni impresa che aderisce al
circuito apre quindi un conto che gestisce la contabilità in entrata e in
uscita dei valori corrispondenti alle vendite o agli acquisti. Per cui l’impresa
che va «a debito» (cioè acquista più di quanto ha venduto) salda a fine
anno cedendo merce oppure offrendo un servizio per un importo pari a
quanto comprato. Se poi l’azienda non vuole rinnovare la quota associativa,
salderà in denaro. Se invece va «a credito» (cioè ha venduto più di quanto
ha acquistato) può fare acquisti in barter, in qualsiasi momento e senza