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Supply chain e il commercio delle fatture



          Non  solo  figure  professionali  e  alternative:  per  rilanciare  l’economia
          italiana  servono  anche  nuovi  strumenti  di  finanziamento.  Per  venire  in

          soccorso alle moltissime imprese senza liquidità la soluzione è facilitare i
          rapporti  tra  cliente  e  fornitore,  senza  l’intermediazione  bancaria.  In
          presenza  di  uno  spaventoso credit  crunch  (la  stretta  dei  prestiti  da  parte
          degli  istituti)  i buyer  delle  grandi  aziende  hanno  capito  la  necessità  di

          sostenere  e  proteggere  i  loro  buoni,  seppur  piccoli,  terzisti.  I  soldi  che
          girano  sono  meno  rispetto  al  passato;  pertanto  il  credito  deve  tornare  a
          essere  di  tipo  «mercantile»  e  non  bancario,  bisogna  mettere  in  moto  un
          sistema  che  auto-finanzi  in  modo  intelligente  filiere  di  subfornitori,

          fornitori  e  grandi  clienti  con  un  livello  di  rischio  attenuato  da  flussi
          commerciali  veri  e  non  finanziari.  Come  facevano  i  primi  banchieri  della
          storia.
              Questo  è  la  cosiddetta Supply  Chain  Finance.  In  altri  termini,  se  una

          piccola impresa che produce borse per firme tipo  Gucci o  Prada non può
          accedere al credito, dovrà chiedere direttamente ai suoi grandi committenti
          – sempre Gucci o Prada – di ottenere i pagamenti magari trenta-sessanta
          giorni prima della scadenza convenuta in cambio di uno sconto sul prezzo

          del  2  per  cento:  soluzione  sicuramente  più  conveniente  rispetto  a  un
          finanziamento  per  anticipo  fatture  che  elargirebbe  un  istituto  di  credito,
          con  interessi  del  5-6  per  cento.  Mediamente  i  clienti  con  fatturati
          importanti accettano l’accordo: a certi livelli i terzisti vengono selezionati

          con  dure  prove  e  criteri  rigidi.  Il buyer  che  non  scende  a  patti  con  loro
          potrebbe  avere  ricadute  in  futuro,  potrebbe  perdere,  ad  esempio,  la
          fornitura di prodotti di eccellenza e di alta qualità, caratteristiche che poi
          contraddistinguono  in  generale  il  made  in  Italy.  Non  solo,  molte  grandi

          imprese hanno addirittura creato le loro società di factoring (il factoring è
          un contratto con il quale un soggetto fornisce a un’azienda un insieme di
          servizi che riguardano la gestione, l’amministrazione del credito nonché la
          concessione  di  anticipo  del  denaro  prima  della  scadenza)  e,  attraverso  il

          cosiddetto reverse-factoring, anticipano, appunto, le fatture dei loro piccoli
          fornitori  a  tassi  di  interesse  estremamente  competitivi  rispetto  a  quelli
          bancari,  guadagnando  anche  dal  punto  finanziario  con  un  bassissimo
          rischio.  Parliamo  di  tanti  soldi:  secondo  uno  studio  della  Banca  d’Italia,

          infatti, il mercato delle fatture anticipabili potrebbe essere stimato in circa
          500 miliardi. Esistono, infine, delle piattaforme di invoice-financing nelle
          quali  quegli  stessi  crediti  e  fatture  sono  comprati,  invece,  da  investitori
          istituzionali  (non  bancari)  dotati  di  sistemi  web  di  semplice  utilizzo  e

          soprattutto con risposte rapide: siamo ben lontani dai mesi che chiede la
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