Page 88 - Io vi accuso
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possibile farsi assistere da un advisor, certificare i propri bilanci e
presentare la domanda di ammissione alla Consob. E per emettere un
minibond non è necessario appoggiarsi a una banca nonostante alcune di
esse abbiano già fiutato l’affare.
Con altri 20.000 euro poi ci si fa assegnare un rating dalle società
specializzate. Come accennato, il rating non è obbligatorio ma averlo,
soprattutto se buono, rende più appetibile l’emissione e consente alla
società di indebitarsi a tassi più bassi. Per i risparmiatori i costi sono gli
stessi di una sottoscrizione analoga (obbligazione o bond), ma restano da
pagare anche le commissioni di piattaforma. Gli interessi per i
sottoscrittori sono molto interessanti, soprattutto in un momento come
questo in cui le emissioni di titoli di Stato e le obbligazioni delle grandi
aziende offrono tassi relativamente bassi. I titoli attualmente scambiati
nell’Extra Mot Pro presentano, infatti, un rendimento medio del 5 per
cento netto, con punte che raggiungono il 9. Come sempre, però, occorre
ricordare la regola aurea dell’investitore: ad alti rendimenti corrispondono
sempre alti rischi. Nel caso dei minibond, poi, gli imprevisti sono ancora
maggiori perché legati alla scarsa negoziabilità e all’alta variabilità dei
prezzi dei titoli una volta in portafoglio. È bene far presente che di questo
strumento, in circa due anni, si sono servite meno di cinquanta aziende e di
queste solo sedici appartengono al canale delle piccole e medie imprese,
che hanno raccolto circa 150 milioni. Ancora troppo poco. A ostacolare il
decollo dei minibond è proprio la potente lobby bancaria che rema contro
qualsiasi soluzione che in qualche modo delegittimi la propria superiorità
nel mercato finanziario.