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I minibond
I minibond sono un altro interessante sistema per reperire denaro da
investire e rappresentano la principale novità legislativa introdotta
nell’ultimo triennio, pienamente operativa dopo che il decreto
«Destinazione Italia» del febbraio 2014 ne ha stabilito i confini. In cosa
consistono? Le piccole e medie imprese possono ora scegliere di finanziarsi
con uno strumento che consente loro, anche quando non quotate, di
emettere titoli di debito, piccole obbligazioni: i cosiddetti minibond,
appunto, a favore di investitori qualificati. Questo permette alle società di
diversificare la fonte dei loro finanziamenti e ridurre la dipendenza dal
sistema bancario.
Le aziende possono così acquisire risorse attraverso privati e puntare
direttamente su se stesse e sulla fiducia che riscuotono presso i potenziali
investitori. L’attività di sottoscrizione di queste obbligazioni è riservata a
investitori istituzionali e professionali e ad altri soggetti qualificati che poi
possono collocare i titoli presso piccoli risparmiatori che li scambiano
(acquistano e vendono) su un mercato regolamentare chiamato Extra Mot
Pro, creato nel febbraio 2013. Per poter emettere un minibond sono
necessari pochi e semplici requisiti: essere una società di capitali; essere
una piccola o media impresa; avere avviato l’attività da almeno due anni;
avere un fatturato annuo superiore ai due milioni di euro e l’ultimo
bilancio approvato e certificato da una società di revisione. Come detto, non
occorre essere quotati e non è obbligatorio possedere un rating ma
piuttosto un buon business plan.
Come per tutte le innovazioni, le imprese che per prime emetteranno un
minibond avranno il privilegio e la convenienza di ricevere l’attenzione
immediata degli attori e nelle emissioni successive avranno il vantaggio di
essere già conosciute sui mercati finanziari. Inoltre, riusciranno a
negoziare meglio i titoli. Quanto vale il mercato? Quello dei minibond
coinvolge teoricamente quasi 110.000 imprese e potrebbe valere (ancora
non vi sono dati certi) tra i 50 e i 100 miliardi di euro l’anno: non a caso la
stessa cifra che si è persa negli ultimi tempi per effetto della stretta
creditizia. Lo strumento, del resto, era stato messo a punto dal governo
Monti proprio per migliorare l’accesso alla liquidità da parte delle piccole
imprese. Secondo un’analisi di Crif, tuttavia, le imprese teoricamente già
pronte (per ora solo Spa con fatturato superiore ai 5 milioni e utili medi del
10 per cento) sono poco più di 10.000: c’è ancora strada davanti ma è il
chiaro segnale che un mercato alternativo del credito è in fase di
realizzazione. I costi per le società emittenti sono volutamente molto bassi,
non essendo previste commissioni. In generale con meno di 40.000 euro è