Page 37 - Avarizia
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Conferenza episcopale italiana a dall’Istituto centrale per il

          sostentamento del clero) i dati pubblicati da un rapporto della Corte
          dei Conti del 2014 sono indicativi del trend di spesa. Perché
          mostrano attraverso altri numeri e poste contabili il rapporto

          proporzionale tra quanto la Chiesa investa per autosostenersi e
          quanto per opere di carità. Nel 2014 grazie alla legge sull’8 per
          mille la Cei ha ottenuto l’80,2 per cento dell’intero importo erogato
          dai contribuenti che scelgono di destinare una quota delle loro tasse
          allo Stato o alle confessioni religiose. L’incasso è stato di 995 milioni,

          poco meno del miliardo e 54 milioni di euro dell’anno precedente.
          Un tesoro immane, ottenuto da un sistema che secondo i magistrati
          contabili “ha contribuito a un rafforzamento economico senza

          precedenti della Chiesa italiana, senza che lo Stato abbia
          provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che
          diviene sempre più gravoso per l’erario”.
             Al netto dei giudizi della Corte dei Conti (che evidenziano pure
          come i vari esecutivi italiani riconfermino nella Commissione

          paritetica Italia-Cei istituita nel 1992 sempre gli stessi due
          componenti governativi) lo studio rivela un’assenza assoluta di
          “verifiche sull’utilizzo dei fondi” e che solo il 23 per cento delle

          somme che gli italiani donano alla Chiesa viene speso per fare
          beneficenza e a favore dei più poveri e bisognosi. Nonostante le
          pubblicità in tv (solo sulla Rai la Cei tra il 2004 e il 2013 ha
          comprato spot per un totale di 40 milioni) battano sullo storytelling
          della carità, la stragrande maggioranza dei denari viene usata per

          pagare lo stipendio dei sacerdoti italiani, per investimenti inerenti
          l’edilizia di conventi, basiliche e cappelle e per il sostegno
          economico alle diocesi tricolori. In un altro rendiconto contabile

          redatto dalla Cei e riferito all’anno 2015, in effetti, c’è la prova del
          nove: addizionando solo i dati relativi alle voci annuali sulla
          “promozione della catechesi” in Italia (oltre 32 milioni, erano
          addirittura 50 nel 2013) e sulle attività dei tribunali ecclesiastici per
          le cause matrimoniali (altri 13 milioni) e le “esigenze di rilievo

          nazionale” inerenti esigenze di culto (ben 42 milioni), il risultato
          pareggia l’intera somma destinata dalla Chiesa ai paesi del Terzo
          Mondo. Non deve sorprendere che la Commissione paritetica abbia

          recentemente evidenziato, forse obtorto collo, la “non sufficiente
          quantità di interventi caritativi”. Dal 1990 al 2015 la Chiesa
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