Page 35 - Avarizia
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Appena arrivato, nel luglio 2013, Francesco annunciò di non
sapere ancora se riformare l’istituto o fargli chiudere i battenti.
“Alcuni dicono che forse è meglio che sia una banca, altri che sia un
fondo di aiuto, altri dicono di chiuderlo,” spiegò ai giornalisti prima
di decidere, qualche mese dopo, che lo Ior avrebbe continuato a
fornire “servizi finanziari specializzati alla Chiesa cattolica in tutto il
mondo”, con maggiore trasparenza e più onestà. Uno dei primi
risultati fu l’apertura di un sito Internet e la pubblicazione, a ottobre
2013, del primo rapporto annuale in cui si elencano per grandi
numeri patrimoni, asset, società controllate e depositi di terzi.
L’ultimo rapporto è stato pubblicato nel 2015, riferito all’anno
precedente. Ebbene, se la banca ha un patrimonio netto di 695
milioni, gestisce per i propri clienti quasi 6 miliardi di euro, tra
depositi sui conti e gestioni patrimoniali. E se il valore dei depositi è
crollato, gli investimenti finanziari sono cresciuti di quasi un
miliardo rispetto ai dati del 2008: i clienti sono alla ricerca di tassi di
interesse un po’ più alti rispetto a quelli garantiti dai soli depositi.
La metà degli utenti, scrive il rapporto, è costituita da ordini
religiosi, seguiti dagli uffici della Santa Sede e dalle nunziature
apostoliche, da cardinali, vescovi e monsignori (il 9 per cento) e
dalle diocesi. In tutto sono 15 mila (numero crollato rispetto ai 25
mila del 2012) e sono quasi tutti italiani o residenti nella Città del
Vaticano: su 6 miliardi di euro, solo 700 milioni sono appannaggio di
clienti di altri paesi europei, dell’Africa o dell’America. L’utile netto
della banca è stato di 69,3 milioni, di cui 55 finiti come dividendo
nelle casse della Santa Sede.
Lo Ior controlla anche una piccola società immobiliare (la Sgir,
che possiede a Roma immobili in bilancio per 2,1 milioni di euro), e
un portafoglio obbligazionario imponente che ha visto deteriorarsi il
suo rating Standard&Poor’s: in seguito al peggioramento dei rischi
sui debiti sovrani di alcuni paesi di cui il Vaticano ha comprato titoli
di Stato (in primis l’Italia), anche la classificazione del rischio delle
obbligazioni in pancia all’istituto è peggiorata: il 53 per cento dei
titoli è compreso tra le fasce BBB+, BBB, BBB-, BB, obbligazioni
ancora sicure ma non a rischio zero.
In un altro documento interno sui dati del primo trimestre del
2015 e mai pubblicato prima, si scoprono altri dettagli sugli
emittenti dei titoli del portafoglio dello Ior: il 19 per cento degli