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Mun-Ha e restò dritto davanti alla statua della dea guardandola negli occhi. Morì
sette giorni dopo, portando con sé lo spirito del suo padrone. Per questo motivo,
ancora oggi, ogni volta che muore un gatto in un tempio birmano si dice che l’anima
di un monaco defunto lo accompagna verso il cielo, rendendolo così sacro e oggetto
di venerazione.
Pe ironia della sorte, centinaia di anni dopo, fu proprio un altro assalto al tempio
ad opera di alcuni briganti a portare questa razza di gatti in Occidente. Questa volta,
però, le cose andarono diversamente grazie a due ospiti del monastero: il maggiore
inglese Gordon Russel e il suo amico francese Auguste Pavie. I due militari europei
accorsero subito in aiuto dei monaci e respinsero i banditi. Così, nel 1919, in segno
di gratitudine, i sacerdoti spedirono ad Auguste Pavie due gatti birmani, un maschio
e una femmina. Il primo morì durante il lungo viaggio, ma la gatta giunse a
destinazione a Nizza sana e gravida. È opinione diffusa, quindi, che da quell’unica
gatta e dai suoi cuccioli abbia avuto origine l’attuale ramo occidentale della razza
birmana.