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IL GATTO POLIZIOTTO
Questa è la storia vera di un gattino bianco e nero, un gattino
cinese ritrovato vicino alla stazione di polizia di Shapingha. Nel distretto di
Chongqing ci sono molti commissariati, ma nessuno ha mai cercato il piccolo gatto,
che è stato subito adottato dai poliziotti, e che si è rivelato un grande investigatore,
al punto che, per la prima volta nella storia felina, è stato nominato agente di polizia.
Il gatto esce in ricognizione con i poliziotti, a piedi o in auto, e perlustra con loro
il quartiere. Le cronache e i giornali raccontano che nei momenti di pericolo il gatto
miagola all’autoradio e dalla centrale capiscono che c’è bisogno di rinforzi. Si tratta
ormai di un agente a tutti gli effetti che spesso si è visto costretto a difendersi da
malviventi armati di cani saltando sui tetti delle auto o arrampicandosi sugli alberi.
Al rientro a casa, alla stazione di polizia di Shapingha, c’è sempre un lauto
pranzo e una ciotola di latte come ricompensa per il lavoro svolto al fianco dei suoi
“colleghi”. E quanto non esce in ricognizione, ha molto da fare in commissariato: la
caccia ai topi è la sua principale attività e ha ricevuto anche una promozione per la
diligenza e l’abilità con la quale cattura gli indesiderati ospiti roditori.
Le prodezze di questo gatto-agente, che ricordano un po’ quelle del lupo Il
commissario Rex, sono diventate talmente famose che in Cina c’è chi va alla
stazione di polizia solo per conoscerlo e farsi una fotografare con lui. Sta diventando
la vera mascotte del Paese, e nonostante a volte i cinesi guardino ai gatti con un po’
di sospetto, non è così nei confronti del gattino in divisa.
Del resto, in Asia ci sono tantissimi gatti con gli occhi a mandorla, molti di loro
sono amati e ben accuditi. E forse vi sono tante storie come quelle del piccolo
poliziotto. In attesa che anche il gatto di Shapingha venga inserito nelle guide
turistiche, in Oriente non mancano altre attrattive che riguardano i felini: in Birmania,
sul lago Inle, c’è un monastero di bonzi detto il “monastero dei gatti saltanti”: si
tratta di una grande palafitta che ospita pochi bonzi e un’infinità di gatti, che sono
ormai divenuti la vera attrazione del posto. I monaci hanno insegnato ai gatti a saltare
al grido di «Jump!» (“salta”) e le esibizioni per i turisti, prima sporadiche, sono
divenute quotidiane. Anche presso i templi cinesi della Malesia e in quelli buddisti
in Cambogia si possono tranquillamente incontrare gatti che vi si rifugiano per
scappare dal caotico traffico delle città, guadagnandosi così un angolo di paradiso.