Page 185 - 101 storie di gatti
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                             ZIA ELENA E CICILLO





                             Zia Elena sbuffava sempre quando uno di noi, i ragazzi di casa,

          arrivava con un nuovo amico a quattro zampe, ma poi era quella che,
          invariabilmente, veniva adottata dal Cicillo di turno (a tutti si dava sempre lo stesso

          nome!). Era lei che si preoccupava del suo cibo, della sabbia nella vaschetta, della
          sua cesta che d’inverno stazionava sempre attaccata al termosifone del salotto. Ma
          con il Cicillo tigrato, ultimo ospite della casa, si instaurò un rapporto che non c’era
          mai stato con gli altri quattro che lo avevano preceduto. Il gatto decise dal primo
          giorno che avrebbero dormito insieme: si accoccolava ai piedi del letto della zia ed
          era l’ultimo ad andare a dormire, come lei d’altronde.
              Quando la mattina la vedeva uscire con la borsa della spesa, l’aspettava seduto
          accanto alla porta, per poi seguirla in cucina assistendo con molto interesse,

          accomodato su una sedia, allo svuotamento della borsa colma di ingredienti. Faceva
          le fusa, aspettando che fosse pronto il suo piattino. In quei momenti la zia parlava
          con Cicillo, sicura di essere capita. Lui socchiudeva gli occhi gialli e sembrava le
          rispondesse quando le toccava la mano intenta a tagliare il pollo o altre prelibatezze
          acquistate apposta per lui.

              Finito di mangiare, dopo una stiratina di appagamento, si allontanava lentamente
          e si arrampicava su una delle due librerie che, ricche di libri, poggiavano sul lungo e
          largo corridoio. E qui si mimetizzava per una ennesima dormita. Poi nel pomeriggio,
          sveglissimo e con una voglia matta di giocare, aspettava il passaggio di uno di noi
          per saltarci sulle spalle e farsi portare in giro per casa, mantenendosi in equilibrio e
          senza alcuna voglia di scendere a terra.
              Era senz’altro un gatto molto giocherellone, come zia de resto.

              Lei amava il calcio e conosceva a memoria i nomi dei giocatori e probabilmente
          li aveva memorizzati anche Cicillo, perché quando lei si accomodava davanti al
          televisore all’inizio di una partita, lo chiamava e gli diceva quale partita si giocava e
          chi era il portiere della squadra per la quale tifava. Insomma, gli parlava,
          invitandolo a raggiungerla, come avrebbe potuto fare con uno di noi. E Cicillo
          arrivava, le saltava sulle ginocchia per seguire con miagolii di assenso o disappunto

          il match. E poi alla fine della partita, soprattutto se la squadra del cuore aveva perso,
          lui sapeva che sarebbe stato preso in braccio in malo modo e in quella posizione
          dalla quale non poteva scappare, era costretto a sorbirsi tutti i discorsi che la zia
          intavolava con noi, con nostro padre, con le sue sorelle e con lo stesso Cicillo, reo
          di non avere portato bene alla squadra per la quale anche lui tifava senza saperlo. E
          il povero gatto si limitava ad alcuni sguardi, aspettando paziente il momento in cui la
          zia avrebbe mollato la presa. A quel punto lui miagolava arrabbiatissimo e allungava
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