Page 174 - 101 storie di gatti
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                             GIGOLÒ, IL GATTO PLAYBOY





                             Io sono una gattina di strada, una di quelle che tutti i giorni girano

          per il quartiere. Probabilmente mi avrete incontrata tante volte e non ve ne ricordate
          ma, state tranquilli, non mi offendo per questo. La mia vita, in fondo, non è così

          interessante, è una vita come tante, se non fosse per una storia di qualche anno fa, una
          storia d’amore che se ci penso ancora mi fa tremare il cuore. Ovviamente ero più
          giovane e carina di oggi, ma anche meno esperta di certe faccende. Non mi lamento
          del presente, per carità, anzi devo ammettere che sempre più persone mi portano da
          mangiare e mi fanno delle carezze… Ma quei momenti, ah, che momenti! Ricordo
          l’emozione che provai quando lo vidi la prima volta: il pelo magnifico, i baffi
          meravigliosi che spiovevano sopra un muso di angelo con due occhi verdi come
          smeraldo incastonato. E che stile… impossibile non notarlo. Anche tutte le mie

          amiche rimasero sconvolte da quella meravigliosa apparizione. Se ne stava per i fatti
          suoi, ma senza essere supponente o borioso, semplicemente si capiva che era assorto
          nei suoi pensieri. Lo seguii per un po’ tenendomi a debita distanza. Fece un piccolo
          giro intorno al palazzo e dopo pochi minuti rientrò dal portone aperto, salì le scale e
          sparì. Il giorno seguente mi appostai su una vecchia auto parcheggiata proprio

          davanti casa sua. Ero immobile in attesa. Finalmente uscì, bello come il sole. A quel
          punto mi avvicinai e, rompendo ogni indugio, gli chiesi: «Sei nuovo di qua?».
              «Sì»», rispose. «Sono arrivato da qualche giorno». Aveva una voce molto
          sensuale. A quel punto tentai di mantenere viva quella conversazione improvvisata.
          «Ti va di passeggiare un po’ insieme? Di questo quartiere conosco ogni più piccolo
          dettaglio. Sai, ci sono nata e ho anche molti amici».
              «Certamente, è un vero piacere. Io mi chiamo Gigolò e vivo nella nuova casa di

          un musicista straniero, un compositore che suona il pianoforte tutto il giorno». Non
          risposi, primo perché ormai non stavo più nella pelle e poi perché io non ho mai
          avuto un nome. Cominciammo a camminare lentamente uno vicino all’altra.
              A quel punto gli chiesi imbarazzata: «Ma tu puoi uscire quando vuoi?». «Be’,
          diciamo di sì. C’è una piccola finestra che guarda sul pianerottolo e lui la tiene
          sempre mezza aperta. L’unico problema è quando la sera il portiere chiude il

          portone». «Non è un problema», risposi. «Basta aspettare e sicuramente arriva
          sempre qualcuno che infila le chiavi e lo apre». Annuì, senza aggiungere altro, e
          continuò a seguirmi. Lo portai nel piccolo parco del quartiere. Speravo gli piacesse.
          Fu talmente felice di quel luogo, pieno di alberi e piante, che mi diede un piccolo
          bacio e io per poco non morii d’infarto. Sotto una panchina, al tramonto, iniziò la
          nostra storia d’amore. Per un mese ci vedemmo tutti i giorni e ogni volta era una
          festa. Gigolò spesso mi cantava le melodie che il suo coinquilino inventava e io gli
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