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                             LA VERA STORIA DI LUPO


                             DALLA MAREMMA


          ALL’UNIVERSO






          Quando tornarono a Firenze, la casa gli sembrò vuota senza Lupo che

          caparbiamente aveva preferito rimanere in Maremma. Il fattore aveva l’incarico di
          nutrirlo due volte al giorno e Giovanna lo chiamava tutte le sere per avere notizie di
          quel gattaccio nero che aveva preferito la libertà al suo amore e alle sue coccole.

          Cominciò l’inverno e arrivò Natale, e anche alla fine di quelle brevi vacanze Lupo si
          rifiutò di tornare a Firenze; ormai era adulto e il Senatore non voleva farlo
          sterilizzare. Così Giovanna si rassegnò a farlo vivere lì per sempre . Passarono un
          paio d’anni, Lupo era ormai il padrone della valle; lo conoscevano tutti, cani
          compresi, e molti gattini neri nascevano nelle fattorie dei dintorni: erano il frutto
          delle sue scorribande. Questo non lo distoglieva comunque dall’amore per i suoi

          genitori umani, trascurava anche le gattine, pur di farsi trovare quando arrivavano
          per il weekend: allora mangiava in casa e dormiva con loro nel lettone. Di notte
          Giovanna lo sentiva respirare, a volte percepiva anche un leggero fischio e quando
          lo portava dal veterinario il medico le spiegava che aveva una bronchite cronica e il
          freddo e l’umidità avrebbero peggiorato la sua situazione. Poco lontano dalla loro
          casa c’era una grande stalla di vacche con attigua una grande tettoia dove il fattore
          stipava le balle di fieno, era il luogo in cui Lupo cacciava i topi e gli uccellini,

          amoreggiava con le sue concubine e poi faceva delle fantastiche dormite sul fieno, il
          più in alto possibile. Nelle sere d’inverno, quando pioveva o faceva freddo,
          Giovanna si arrampicava nel pagliaio pur di trovarlo e farlo dormire in casa al
          caldo.
              Un fine settimana di maggio, al momento di partire, come al solito Lupo non si
          presentò. Era il 2 maggio del 2007. Il giorno dopo Giovanna chiamò il fattore e

          l’uomo le disse che non aveva visto Lupo all’ora del pasto e comunque aveva
          lasciato il piattino pieno sperando che arrivasse. Lei pensò che forse fosse a caccia e
          non si preoccupò, telefonò il giorno dopo ma la risposta fu la stessa; il terzo giorno
          di mattina presto Giovanna sentì parlare il senatore al telefono e colse nella sua voce
          un cambio di tono, sapeva che stava parlando col fattore per la falciatura del fieno,
          ma non gli diede peso, era in ritardo, doveva uscire.
              Durante quella lunga giornata di lavoro Giovanna pensò spesso a Lupo e alla

          telefonata del mattino, decise che appena arrivata a casa, verso sera, avrebbe
          chiamato il fattore per avere notizie; cercò di pensare positivo, Lupo sarebbe stato a
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