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LA VERA STORIA DI LUPO
DALLA CITTÀ ALLA
CAMPAGNA
Quel fine settimana il senatore non era ripartito da Roma. Era rimasto per alcuni
incontri di partito e aveva promesso alla sua fidanzata, se lo avesse raggiunto nella
Capitale, che l’avrebbe portata a vedere la famosa colonia felina dei Fori romani,
dove amorevoli gattare curano i mici abbandonati.
Facevano una vita da fidanzati, pur essendo grandicelli, poiché entrambi avevano
matrimoni alle spalle e pensavano, con un po’ di scaramanzia, che da oltre quindici
anni andava bene così e quindi che bisogno c’era di sposarsi? Avevano molte
passioni in comune, i viaggi, il mare, gli adorati animali; avevano, infatti, ben quattro
cani con i quali dividevano la casa e gli spostamenti in campagna, nell’amata
Maremma.
Giovanna, la fidanzata, amava molto i gatti: era cresciuta con loro, ma da quando
viveva con il Senatore, non ne aveva più, un po’ per via dei cani e un po’ perché a
lui non piacevano molto. Quel pomeriggio a Roma faceva caldo, lui andò alla
stazione a prendere Giovanna che veniva da Firenze, e insieme si incamminarono
verso il centro storico. Arrivati ai Fori presso la grande colonia felina dove quel
giorno c’era una festa, lui venne accolto con gli onori del caso e fece anche un bel
discorso sulle tante leggi di protezione degli animali, poco e male applicate. Fece
molti complimenti alle gattare che gestivano la colonia felina e chiese loro di
mostrargli i mici. Tenendo Giovanna per mano si avvicinò a una grande gabbia nella
quale giocavano tanti cuccioli: tutti quelli abbandonati dai romani.
Uno, piccolo e tutto nero, che se ne stava in un angolo con aria severa, colpì
l’attenzione del Senatore. Appena l’uomo aprì la gabbietta, il neretto fece un balzo e
si buttò sulla sua mano, poi prese ad arrampicarsi veloce sulla manica della sua
costosissima giacca e si fermò solo quando riuscì a toccare la barba del Senatore.
Solo allora si calmò come se avesse trovato rifugio in un posto confortevole e
sicuro. Giovanna guardò il compagno con occhi sorpresi e gli disse: «Ti ha scelto,
non puoi rimetterlo in gabbia»; lui fece una smorfia per guardare quell’esserino che
lo aveva “scalato”, vide i suoi occhi gialli e capì che non si sarebbero lasciati mai
più. Per il coraggio e l’intraprendenza dimostrata, il piccolo venne chiamato Lupo,
visse i suoi primi mesi di vita nella grande casa fiorentina diventando amico dei cani
e dormendo sul letto tra “mamma e papà”. Nel mese di agosto tutta la famiglia si
trasferì in campagna e Lupo scoprì un nuovo mondo: uccellini, lucertole, topini e