Page 17 - I dolci napoletani in 300 ricette
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rappresentazione semantica. Già, perché, in fondo, il babà piace ai napo-
letani perché meglio di ogni altro dolce rappresenta il genius loci positivo
della città, quello tanto amato anche fuori. Eppure, proprio come la pizza, la
pasta, il caffé, il babà non è nato alle falde del Vesuvio ma nel freddo Nord,
precisamente in una cittadina francese chiamata Luneville ai confini con la
Germania: la sua storia è deliziosamente ricostruita da Flavia Amabile in un
prezioso libretto pubblicato dalle Edizioni dell’Ippogrifo (Sì nu’... babbà,
2001) arricchito dalle foto di Gérald Bruneau e dall’introduzione di An-
tonio Bassolino oltre che da alcune testimonianze di personaggi celebri. A
inventarlo fu un re bidetronizzato, il polacco Stanislao Leszczynski, suocero
di Luigi xv di Francia che aveva sposato sua figlia Maria. Grazie alla sua
parentela importante, aveva avuto come buona uscita il Ducato di Lorena
dove poté elaborare impossibili ricette politiche per il futuro dell’Europa e
passare alla storia per l’unica cosa seria fatta nella sua vita, inventare il babà.
Ancora oggi esiste un dolce, baba senza accento, ossia slavo e non francese,
nella sua Polonia. Si dice che l’ex re abbia bagnato nel Madeira una fetta
di kugelopf, il dolce austriaco ermafrodito, cioè mezzo panettone e mezzo
brioche, e che da allora lo abbia sempre voluto così. La sua grande passione
per la cucina portò a nuove e più ricche elaborazioni con l’impasto lievi-
tato tre volte e sbattuto per ottenere una pasta più leggera, pieno di uvetta
e con lo zafferano di cui erano ghiotti i turchi i cui gusti aveva conosciuto
da prigioniero quando aveva perso per la prima volta il suo inutile regno.
La forma diventa quella della cupola di Santa Sofia, il nome scelto è Ali
Babà, il protagonista di Le Mille e una notte. Questo incrocio di culture e di
suggestioni spesso più facili da cogliere in provincia dove ci si annoia porta
Fabrizio Mangoni, autore di La Fisiognomica del Cibo e principale storico
della pasticceria napoletana, a definire il babà come «dolce dei Lumi». In
sostanza, mentre la stragrande maggioranza dei dolci nasce nella nebulosa
indistinta della civiltà contadina, «il babà», afferma Mangoni, autore anche
di uno spettacolo sul tema, «è figlio di un’idea». In questo caso sappiamo,
insomma, chi, dove, quando, forse perché.
Un altro salto di qualità è la decisione della bagna, necessaria per sostenere
la morbidezza del dolce altrimenti destinato rapidamente a pietrificarsi in
poche ore. Stanislao sceglie il Madeira, a Versailles, dove si dettavano le
mode, si usa il rhum giamaicano, l’ultimo dei benefici importati da Oltreo-