Page 15 - I dolci napoletani in 300 ricette
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Il babà
















             Partiamo dal suono della parola, così importante per i napoletani ai quali
            interessa sempre anche la musicalità di una frase e di un discorso, meglio se
            accompagnata da gesti didascalici con le mani e ammiccamenti con gli oc-
            chi. Già, una comunicazione a tutto campo con la propria fisicità, tipica delle
            grandi città di un tempo visitate da genti straniere con le quali commerciare
            e fare affari, esigenza inutile se invece si era costretti a vivere nei campi o
            con le pecore o in piccoli borghi e cittadine fuori dalle rotte. Babà ha dunque
            nel suo suono (la seconda bi appena appena raddoppiata ma senza calcare
            sicché mai diventa “babbà” ma non è neanche babà alla francese) uno dei
            segreti capaci di annunciare il suo successo, perché gioca sulla piacevolezza
            all’udito e sul successo della memoria: come dimenticare mai qualcosa, un
            dolce, con questo nome? Le prime due lettere dell’alfabeto, talmente facili
            da pronunciare che per i greci identificavano i popoli privi di una lingua co-
            struita, bar bar, barbari appunto. Certo, in napoletano si scrive babbà, quindi
            in modo diverso da come si pronuncia, ma questa è forse la caratteristica
            principe del dialetto partenopeo, un po’ come l’inglese: per questo è l’unico
            linguaggio regionale così adatto alla musica, le parole si accorciano e si
            allungano seguendo le note, si personalizzano facilmente, hanno mille signi-
            ficati a seconda del contesto in cui sono inserite.
             I napoletani hanno innumerevoli espressioni che associano il carattere a uno
            stato fisico più che mentale, alcune anche un po’ volgari come «hai scacato»
            per dire «hai sbagliato», «m’arrizzo» per «mi entusiasmo», «si nu’ strunz’»
            per «sei cattivo», eccetera, tutte ricche di sfumature la cui traduzione in italia-
            no, a volte esportata nel linguaggio corrente nazionale proprio come la pasta
            e la pizza a tavola, spesso non rende esattamente l’idea di ciò che in realtà si
            vuole rappresentare. Questo vale anche per il cibo, la principale preoccupazio-
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