Page 10 - I dolci napoletani in 300 ricette
P. 10
10 introduzione
oggi presente tutto l’anno, ma che prima si mangiava solo durante le feste
pasquali e che simboleggiava anche il ritorno della primavera con la spe-
ranza di un raccolto fertile. I pan-doro, i pane-ttoni, i pan-forte sono eredi
della tradizione rurale quando il pane da salato si trasformava in dolce per
la domenica o le ricorrenze da festeggiare, sono prodotti che a Napoli si
affermano solo negli anni 70, con la nascita del mercato unico di massa e
la capacità del Nord commerciale di esportare le proprie tradizioni in tutta
Italia grazie all’industria. Insomma, il paradosso è che i dolci rurali italiani
hanno conquistato il mercato di città con l’avvento del consumismo e grazie
all’affermazione della grande industria come marchio di qualità e sicurezza
veicolato dalla televisione. Oggi, con il ritorno dell’attenzione ai prodotti
tipici, questi dolci vengono apprezzati solo se artigianali e integrati dalla
fantasia arricchita dai prodotti campani come, tanto per fare un esempio, il
panettone al limoncello.
La seconda famiglia della pasticceria napoletana ha le sue radici nella tra-
dizione araba caratterizzata soprattutto dall’uso della frittura, parliamo delle
zeppole e degli struffoli che meglio la simboleggiano perché molto veloci
nella cottura, si possono anche fare a casa oppure mangiare per strada. Si
tratta di dolci oggi un po’ messi all’angolo per ragioni dietetiche, molti per
esempio preferiscono le zeppole di San Giuseppe al forno, e questo è il pri-
mo sintomo di come la grande fame di Napoli durata almeno quattro secoli
non è più lancinante come sino a qualche anno fa. Magari è un problema
mentale più che di pancia, ossia l’inconscia paura che il cibo possa improv-
visamente mancare per una qualsiasi ragione. Una paura capace di accomu-
nare da sempre la città alla campagna.
Terza famiglia, lo abbiamo accennato, è costituita dai dolci da passeggio,
un preciso riferimento alla tradizione borghese e dei prodotti da laboratorio
come le sfogliatelle, i babà, le zuppette, gli choux (sciú) ripieni di crema. È
forse questa la tradizione più radicalmente urbana, capace di caratterizzare
la città, e poi, proprio per questo, esportata in tutta Italia prima dell’avven-
to della grande industria dolciaria. Nasce cioè una vera scuola, molti dalle
piccole realtà del Sud vengono a imparare a Napoli per poi aprire laboratori
nel proprio paese o cittadina. È in questo momento che le pasticcerie della
Campania hanno banchi simili a quelle della grande metropoli.
Infine la quarta famiglia è quella delle torte aristocratiche di chiarissima