Page 7 - Lo scarabeo d'oro
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brato di mente, fossero riusciti a suggerire questa ostina-
zione a Jupiter allo scopo di assistere e proteggere il va-
gabondo.
Nella latitudine dell’isola di Sullivan raramente gli
inverni sono rigorosi; ed è eccezionale il caso che d’au-
tunno sia indispensabile far fuoco. Verso la metà d’otto-
bre, 18..., capitò, comunque, una giornata di freddo in-
tenso. Poco prima del tramonto mi andavo aprendo un
passaggio attraverso i sempreverdi verso la capanna del
mio amico che da varie settimane non avevo visto. Abi-
tavo allora a Charleston, distante nove miglia dall’isola,
e le possibilità di andare e venire erano assai minori di
quelle di oggidí. Arrivato alla capanna, secondo il soli-
to, picchiai; non ricevendo risposta cercai la chiave là
dove sapevo che veniva nascosta di solito, aprii la porta
ed entrai. Un bel fuoco fiammeggiava nel camino. Era
una novità, e tutt’altro che spiacevole. Mi sbarazzai del
pastrano, tirai una poltrona vicino ai tronchi scoppiet-
tanti, e mi misi pazientemente ad aspettare l’arrivo dei
miei ospiti.
Essi arrivarono poco dopo l’imbrunire e mi fecero
un’accoglienza molto cordiale. Jupiter, col viso tutto un
sorriso, si mise in faccende per cucinare alcune galline
d’acqua che dovevano servirci da cena. Legrand era in
preda a una delle sue crisi – come chiamarla altrimenti?
– d’entusiasmo. Aveva trovato una bivalva sconosciuta,
che dava origine a una nuova specie, ma piú di questo
era contento d’esser riuscito, con l’aiuto di Jupiter, a im-
padronirsi di uno scarabeo che egli credeva di un genere
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