Page 67 - Odi e Inni
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fu detto; e la gente
ch’ospite accolse i penati e l’imperio
di Roma morente.
Ché se uno squillo si senta
passar su Romagna la forte,
tutti d’un cuore s’avventano
tumultuando alla morte.
III
Oh! non da Sparta la possa,
né tu la voglia pugnace,
né l’ubbidire che tace
tra sé venerando il destino,
né tu da Sparta l’avesti, o latino,
la clamide rossa.
So che al fuggevole Alfeo,
Sparta, e nei borri d’Itome
rossi passavano, come
ruscelli di sangue, i guerrieri
tuoi, su le tibie intonando embateri
del vecchio Tirteo.
Ma più vivaci, strie lunghe di fuoco,
gittò le sue turbe
fulvo un eroe, perseguendo nel fioco
crepuscolo l’Urbe...
Ciò fu nei tempi che ai monti
stridevano ancor le Chimere,
quando nei foschi tramonti
Centauri calavano a bere...
IV
Altri, altri tempi, che prischi
chiama lo stanco sorriso
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