Page 6 - Odi e Inni
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croce di sasso era avanti a me.


          E io mi fermai a quella croce che è il grande segnacolo dell’umanità; dell’umanità che tale è in
        quanto rinunzia in parte o in tutto, a ciò che par la legge di tutte le esistenze; alla lotta, vale a dire,
        per sé. Mi fermai, e mi volsi. La grande città si stendeva ai piedi di quella croce, e cominciava a
        due passi di lì; eppure pareva tutta quanta lontana: come se io la vedessi in sogno. Non la vedeva
        tutta, ma quanto vedeva, era essa, sì che pareva infinita. Una leggiera nebbia ondeggiava su lei, e
        s’indorava un poco al pallido sole invernale. Si distinguevano le grandi masse dei templi e le alte
        torri: proprio in faccia a me il sottile stelo dell’Asinella feriva di tra la nebbietta l’aria turchina.
        Qua e là un fioco e dolce suon di campane pareva la voce della poesia sull’immobilità della storia.


          E la mia vecchia Bologna mi parlò al cuore e mi parve che dicesse: «non vedi? Sono Bologna.
        Non ricordi? La tua giovinezza è qui. La tua povera giovinezza che tu non vivesti, io te l’ho serbata.
        È qui. Ce n’è un po’ da per tutto, nelle vie e nelle piazze, nelle case e nelle chiese, nella vecchia
        Università, persino a San Giovanni in monte. È qui. Ha fatto bene a venire a riprendere ciò che
        lasciasti. Coraggio!».


          Oh! fosse vero, o giovinetti e fanciulle, che io potessi ritrovare le cose perdute! A voi io le rende-
        rei; e sarei felice io, del dono più a voi conveniente, che potessi farvi ancora!

        Bologna, febbaio del .




























































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