Page 4 - Odi e Inni
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Odi




                                                     CANAMUS



                                               ALLA GIOVINE ITALIA



                                                   PREFAZIONE



          Per voi io canto, o giovinetti e fanciulle: solo per voi. Quali altri seguirebbero, con l’agevole do-
        cilità che la poesia richiede, il poeta, sì quando narra la comunione che passa per il viotterello, sì
        quando descrive Achille e il suo cavallo che si parlano negli occhi? Gli uni si sentono offesi dalle
        preterie cristiane, gli altri si mostrano uggiti dalle favole pagane. «Altri tempi!» dicono gli uni e
        gli altri. E mi par di vedere i sogghigni sopra la Porta santa, e ho ancora nell’orecchio gli anatemi
        a proposito del Pope. E quelli che, leggendo l’inno al puro di sangue figlio dell’eroe, avessero ap-
        provato il sognatore della pace, trovandosi poi avanti l’inno alle batterie siciliane ruggirebbero
        contro il cantore della guerra. E chi si commuove per il re che muore in piedi, non vuole poi sentir
        parlare di carcere che si schiuda e di catene che si sciolgano: e chi accoglie nel cuore il giuramen-
        to dei redivivi nelle parole di Mazzini, respinge e aborre il pane di farro guadagnato dal duca degli
        Abruzzi. E a cui dispiacque una poesia, una strofa, una parola del libro, tornerà con animo mutato
        sul tanto che forse gli era piaciuto e che non gli piacerà più. E così dunque dovranno far tutti, e
        tutti così faranno.


          Voi, no. A voi può piacere nel tempo stesso la slitta dei cani che va piccola e nera sulla neve, e
        il pope trasfigurato che passa il fiume vermiglio; voi potete ugualmente amare le brevichiomate
        vergini che dànno i tre baci della resurrezione ai loro uccisori, e il vecchierello schiavo di Dio che
        mura le pietre secolari.


          Nessuno è, spero, intorno a voi e in voi che v’imponga una scelta, di suo gusto, tra le tante cose
        che voi sentite belle e buone. E così, per ora e, come vi auguro, per sempre, voi potete godere la
        poesia della vita, perché avete la libertà.


          Non io godo ora, o giovinetti e fanciulle, nel dar fuori questo libro, sebbene nel farlo a parte a
        parte anch’io godessi!

          Ora, no. Quei tali che ho detto, e che non pretendo mi leggano, sogliono chiedere, non, Chi sei?
        ma, Che cosa sei? cioè, di qual parte? – Di nessuna: homo sum –. Eppure ci sono certe fatali divi-
        sioni per le quali un uomo non può trovarsi di qua e di là, senza essere uomo o doppio omezzo…
        per esempio, sei per la fede o per la scienza? Sei, nel gran conflitto economico, col lavoro o col
        capitale? – Non tengo da quelli che siffatta divisione ammettono comefatale e naturale: tanto
        posso rispondere.


          La fede? Ve la chiedono come una cosetta da nulla che a negarla si sia degni del fuoco, che
        si usava un tempo, o della riprovazione, del ribrezzo, dello schifo universale, come si usa anche
        adesso. Si appagano che milioni e milioni e milioni di sordomuti intellettuali dicano «Noi credia-
        mo tutto» senza nemmeno udire un articolo di questo tutto; simili al bonomo che si fida, e non
        vuol vedere la distinta, e paga senz’altro. Godono di tener sotto chiave, come la collana della
        Tecla, il credo dei loro parrocchiani, che lo ritireranno il giorno del giudizio, e ora non lo vedono
        più: i loro parrocchiani, che essi dicono semplici di cuore e poveri in spirito. Eh! via! no. L’intelletto


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