Page 50 - Oriana Fallaci - La vita è una guerra ripetuta ogni giorno
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«Qualcosa ho imparato in questo Paese, in questa città, in questa guerra: ad amare il
                                                                                  miracolo d’essere nato.»






          Domani lasciamo il Vietnam. Ci sembra quasi assurdo rientrare in un mondo dove si
          piange per un morto solo e non si sente sparare i cannoni. In certo senso ci sembra di
          fuggire,  disertare.  Proviamo  come  una  colpa,  un  rimpianto.  Comprendiamo  coloro
          che son qui da mesi, da anni, a rischiare la pelle: c’è qualcosa di magico in questo
          Paese, in questa città. Forse la stessa tragedia: lo spettacolo della morte ti fa sentir
          così vivo quando sei vivo. Dinanzi alla morte ogni momento, ogni oggetto, ogni gesto
          diventano  preziosi.  E  il  cibo  è  più  buono,  l’amicizia  più  profonda,  l’allegria  più

          allegra. Dalla terrazza del mio albergo guardo Saigon. Così brutta, così affascinante.
          Le  venditrici  di  acqua  che  corrono  a  piccoli  passi  sotto  i  cappelli  a  pagoda,
          bilanciando la merce sui piatti a stadera che pendono da una canna di bambù. I risciò
          che  si  tuffano  come  bambini  ciechi  nel  traffico  folle  esponendoti  ai  camion,  al
          terrore.  Le  jeep  degli  americani  che  passano  con  la  mitragliera  spianata.  Le
          splendide donne dai corpi sottili e i capelli lunghi che dondolano dietro le spalle

          come veli neri. Le fortificazioni coi sacchi di sabbia da cui si affaccia sempre un
          soldato impaurito, pronto a spararti. Gli accattoni ciechi sui marciapiedi. Le palme
          verdi  dentro  i  giardini.  I  taxi  luridi  che  cadono  a  pezzi.  Gli  ananassi  freschi  sul
          tavolo.  Il  caldo  pesante  che  ti  addormenta  in  un  misterioso  languore.  Il  sospetto
          continuo  che  ti  sveglia  i  sensi  e  il  cervello.  Infine,  una  certa  saggezza  che  hai
          conquistato. Sembra che in questi giorni, nel resto del mondo, la polemica bruci sui
          trapianti del cuore. La gente, nel resto del mondo, si chiede se sia lecito togliere il

          cuore a un moribondo cui restano dieci minuti di vita. Qui ci si chiede se sia lecito,
          con una bomba o un plotone di esecuzione, rubare una intera vita a un uomo che è
          sano.  Qualcosa  hai  imparato  in  questo  Paese,  in  questa  città,  in  questa  guerra:  ad
          amare il miracolo d’essere nato.      9


          Graham Greene ha scritto che gran parte della guerra consiste nello star fermi senza

          far nulla, in attesa di qualcos’altro. Ed è vero. Ma non ha scritto che anche quando
          stai fermo non ti ci annoi. Perché alla guerra, vedi, non sei mai seduto in platea ad
          osservare: sei sempre sul palcoscenico, fai sempre parte dello spettacolo. Perfino se
          bevi un caffè sulla terrazza dell’hotel Continental. Potrebbe scoppiare una mina su
          quella terrazza, piombare una granata: ciò ti rende partecipe di una atmosfera eroica,
          ti impegna in una continua attenzione che esclude ogni forma di noia. E questo, ecco,
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