Page 81 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Un uomo e una donna














          Aveva il volto di un Gesù crocifisso dieci volte e sembrava più vecchio dei suoi
          trentaquattro anni. Sulle sue guance pallide si affondavano già alcune rughe, tra i suoi
          capelli  neri  spiccavano  già  ciuffi  bianchi,  e  i  suoi  occhi  eran  due  pozze  di
          malinconia. O di rabbia? Anche quando rideva, non credevi al suo ridere. Del resto
          era un ridere forzato e che durava poco: quanto lo scoppio di una fucilata. Subito le

          sue  labbra  tornavano  a  serrarsi  in  una  smorfia  amara  e  in  quella  smorfia  cercavi
          invano il ricordo della salute e della gioventù. La salute l’aveva persa, insieme alla
          gioventù, il momento in cui era stato legato per la prima volta al tavolo delle torture
          e gli avevano detto: «Ora soffrirai tanto che ti pentirai d’essere nato».  Ma capivi
          subito che non si pentiva d’essere nato: non se n’era mai pentito e non se ne sarebbe
          mai pentito. Capivi subito che era uno di quegli uomini per cui anche morire diventa
          una maniera di vivere, tanto spendono bene la vita. Né le sevizie più atroci, né la

          condanna a morte, né tre notti trascorse in attesa della fucilazione, né il carcere più
          disumano,  cinque  anni  dentro  una  cella  di  cemento  di  un  metro  e  mezzo  per  tre,
          l’avevano piegato.    2


          Il 19 agosto 1973 […] Papadopoulos concesse l’amnistia a tutti i prigionieri politici,

          e  anche  Alekos  venne  rilasciato.  Poche  ore  dopo  ci  incontrammo.  Mi  avevano
          inviata a intervistarlo. E il nostro amore scoppiò come una bomba, immediatamente.
          Da quel momento, infatti, non ci lasciammo fino al giorno in cui venne ucciso nel
          1976. Ero con lui ad Atene dove ricominciò immediatamente la sua lotta, ero con lui
          quando riuscii a farlo scappare dalla  Grecia e a portarlo in  Italia dove rimase in
          esilio per un anno, ero con lui per la maggior parte del tempo in Grecia, dove tornò
          dopo  la  caduta  della  dittatura  e  venne  eletto  membro  del  Parlamento  greco

          all’interno  dell’Unione  di  Centro:  una  sorta  di  partito  socialdemocratico.  Ma  fu
          chiaro, fin dal suo ritorno, che da uomo libero, e in veste di parlamentare, per il
          potere sarebbe stato scomodo quanto lo era stato da combattente per la libertà. Il suo
          culto  della  democrazia  non  gli  avrebbe  permesso  di  stare  a  crogiolarsi  nella
          rassegnazione, ma solo di cambiare gli strumenti e i mezzi della lotta. La sua voce si
          sarebbe  levata  in  ogni  occasione,  ugualmente  indipendente  dalla  destra  o  dalla

          sinistra, dal suo stesso partito, per denunciare gli sporchi giochi politici e gli abusi.          3
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