Page 37 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Primo viaggio a Teheran
A Roma, tutti eravamo molto eccitati all’idea di venire in Persia. A dire la verità
neppure noi avremmo saputo spiegare esattamente la ragione. Il mio amico Guzman
diceva che eravamo tanto nervosi perché la Persia è in Oriente e l’Oriente ha un
indiscutibile fascino su di noi europei. […]
Eravamo cinque giornalisti, tre operatori cinematografici e un radiocronista.
Viaggiavamo con un aereo che inaugurava la linea Roma-Teheran e incontrandoci a
Ciampino ci salutammo con grande effusione come se partissimo su un razzo per
andare sulla luna. […]
«Ecco Teheran» gridò con voce allegra la hostess. L’aereo cominciò lentamente
ad atterrare. Scorgemmo, schiacciata contro la terra, l’immensa, gialla città.
Lunghissimi viali alberati la tagliavano a rettangoli e ad angoli retti, case piccole e
basse come capanne si stringevano una accanto all’altra. Immensi palazzi di candido
marmo, circondati da aiuole verdi e da vasche, si alzavano rari e preziosi: le regge
dello Scià. Rosse ed azzurre brillavano al sole le cupole appuntite delle moschee e
si stagliavano, dritti e sottili come fiammiferi, i bei minareti. Eravamo arrivati in
Persia, nella terra di Dario e di Serse, di Mossadeq e del petrolio, eravamo giunti al
Paese dei Re Magi, dei racconti di Mille e una notte, e di Soraya. 2
La preoccupazione di dover intervistare Soraya ci ossessionò fin dalla partenza, ci
accompagnò per tutto il viaggio, si acutizzò gravemente all’arrivo. La prima cosa che
chiedemmo agli amici persiani appena scesi all’aeroporto di Mehrabad fu il modo
più breve per arrivare a Soraya. Gli amici persiani furono colti da molto stupore:
«Intervistare Soraya? Più facile entrare al Cremlino e intervistare Malenkov».
Rispondemmo che a Roma Soraya si faceva intervistare senza eccessive difficoltà:
perché a Teheran la cosa appariva così difficile? Gli amici sorrisero con pazienza:
una cosa era intervistare una regina in vacanza o in esilio, una cosa intervistarla
nella sua reggia. Non solo nessun giornalista era mai entrato a palazzo reale per
chiacchierare con l’imperatrice: ma l’intero Paese era in lutto per la morte di Alì
Reza, fratello dello Scià, e correvano inoltre giorni difficili. Fatemi era stato fucilato
da poche ore, molti ufficiali erano in attesa di condanna. Udienze e ricevimenti erano
stati cancellati, per adeguarsi alle circostanze, dalla lista degli impegni delle loro
maestà.