Page 448 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Eh, sì: anche noi abbiamo i nostri Torquemada. I nostri Ward Churchill,
          i nostri Noam Chomsky, i nostri Louis Farrakhan, i nostri Michael Moore

          eccetera.  Anche  noi  siamo  infettati  dalla  piaga  contro  la  quale  tutti  gli
          antidoti  sembrano  ine caci.  La  piaga  di  un  risorto  nazi-fascismo.  Il
          nazismo islamico e il fascismo autoctono. Portatori di germi, gli educatori
          cioè  i  maestri  e  le  maestre  che  di ondono  l’infezione   n  dalle  scuole
          elementari  e  dagli  asili  dove  esporre  un  Presepe  o  un  Babbo  Natale  è

          considerato un «insulto-ai-bambini-Mussulmani».
             I professori (o le professoresse) che tale infezione la raddoppiano nelle
          scuole medie e la esasperano nelle università. Attraverso l’indottrinazione

          quotidiana,  il  quotidiano  lavaggio  del  cervello,  si  sa.  (La  storia  delle
          Crociate,  ad  esempio,  riscritta  e  falsi cata  come  nel 1984  di  Orwell.
          L’ossequio verso il Corano visto come una religione di pace e misericordia.
          La reverenza per l’Islam visto come un Faro di Luce paragonato al quale
          la  nostra  civiltà  è  una  favilla  di  sigaretta.)  E  con  l’indottrinazione,  le

          manifestazioni  politiche.  Ovvio.  Le  marce  settarie,  i  comizi  faziosi,  gli
          eccessi fascistoidi. Sapete che fecero, lo scorso ottobre, i giovinastri della
          Sinistra  radicale  a  Torino?  Assaltarono  la  chiesa  rinascimentale  del

          Carmine  e  ne  insozzarono  la  facciata  scrivendoci  con  lo  spray  l’insulto
          «Nazi-Ratzinger»  nonché  l’avvertimento:  «Con  le  budella  dei  preti
          impiccheremo  Pisanu».  Il  nostro  Ministro  degli  Interni.  Poi  su  quella
          facciata  urinarono.  (Amabilità  che  a  Firenze,  la  mia  città,  non  pochi
          islamici amano esercitare sui sagrati delle basiliche e sui vetusti marmi del

          Battistero.)  In ne  irruppero  dentro  la  chiesa  e,  spaventando  a  morte  le
          vecchine  che  recitavano  il  Vespro,  fecero  scoppiare  un  petardo  vicino
          all’altare.  Tutto  ciò  alla  presenza  di  poliziotti  che  non  potevano

          intervenire  perché  nella  città  Politically  Correct  tali  imprese  sono
          considerate  Libertà-di-espressione.  (A  meno  che  tale  libertà  non  venga
          esercitata contro le moschee: s’intende.) E inutile aggiungere che gli adulti
          non  sono  migliori  di  questi  giovinastri.  La  scorsa  settimana,  a  Marano,
          popolosa  cittadina  collocata  nella  provincia  di  Napoli,  il  Sindaco  (ex

          seminarista,  ex  membro  del  Partito  Comunista  Italiano,  poi  del  vivente
          Partito  di  Rifondazione  Comunista,  ed  ora  membro  del  Partito  dei
          Comunisti Italiani) annullò tout-court l’ordinanza emessa dal commissario

          prefettizio  per  dedicare  una  strada  ai  martiri  di  Nassiriya.  Cioè  ai
          diciannove militari italiani che due anni fa i kamikaze uccisero in Iraq. Lo
          annullò a ermando che i diciannove non erano martiri bensì mercenari, e
          alla strada dette il nome di Arafat. «Via Arafat.» Lo fece piazzando una
          targa che disse: «Yassir Arafat, simbolo dell’Unità (sic) e della Resistenza

          Palestinese». Poi l’interno del municipio lo tappezzò con gigantesche foto
          del medesimo, e l’esterno con bandiere palestinesi.
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