Page 375 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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La Rabbia e l’Orgoglio




             Ero a casa, la mia casa è nel centro di Manhattan, e verso le 9 ho avuto
          la sensazione d’un pericolo che forse non mi avrebbe toccato ma che certo

          mi  riguardava.  Sai,  la  sensazione  che  si  prova  alla  guerra,  anzi  in
          combattimento, quando con ogni poro della pelle senti la pallottola o il
          razzo che arriva, e tendi le orecchie e gridi a chi ti sta accanto: «Down!
          Get down! Giù! Buttati giù». L’ho respinta. Non ero mica in Vietnam, mi

          son detta. Non ero mica in una delle tante e fottutissime guerre che sin
          dalla  Seconda  guerra  mondiale  hanno  seviziato  la  mia  vita!  Ero  a  New
          York, perbacco, in un meraviglioso mattino di settembre. L’11 settembre
          2001. Ma la sensazione ha continuato a possedermi, inspiegabile, e allora

          ho fatto ciò che al mattino non faccio mai: ho acceso la TV. Bè, l’audio
          non funzionava. Lo schermo, sì. E su ogni canale, qui di canali ve ne sono
          circa  cento,  vedevi  una  torre  dello  World  Trade  Center  che  dagli
          ottantesimi piani in su bruciava come un gigantesco  ammifero. Un corto

          circuito? Un piccolo aereo sbadato? Oppure un atto di terrorismo mirato?
          Quasi paralizzata son rimasta a  ssarla e, mentre la  ssavo, mentre mi
          ponevo  quelle  tre  domande,  sullo  schermo  è  apparso  un  aereo.  Bianco,
          grosso. Un aereo di linea. Volava bassissimo.

             Volando  bassissimo  si  dirigeva  verso  la  seconda  Torre  come  un
          bombardiere  che  punta  sull’obbiettivo,  si  getta  sull’obbiettivo.  Sicché  ho
          capito. Voglio dire, ho capito che si trattava d’un aereo kamikaze, che per
          la  prima  Torre  era  successo  lo  stesso.  E,  mentre  lo  capivo,  l’audio  è

          tornato. Ha trasmesso un coro di urla selvagge. Ripetute, selvagge.
             «God! Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio!
          Dio, Dio, Dioooooooo!». Poi l’aereo bianco s’è in lato nella seconda Torre
          come un coltello che si infila dentro un panetto di burro.

             Erano le 9 e zero tre minuti, ora. E non chiedermi che cosa ho provato
          in  quel  momento  e  dopo.  Non  lo  so,  non  lo  ricordo.  Ero  un  pezzo  di
          ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio. Non ricordo neppure se certe
          cose le ho viste sulla prima Torre o sulla seconda. La gente che per non

          morire  bruciata  viva  si  buttava  dalle   nestre  degli  ottantesimi  o
          novantesimi  o  centesimi  piani,  ad  esempio.  Rompevano  i  vetri  delle
           nestre, le scavalcavano, si buttavano giù come ci si butta da un aereo
          avendo  addosso  il  paracadute.  A  dozzine.  Sì,  a  dozzine.  E  venivano  giù

          così  lentamente.  Così  lentamente…  Agitando  le  gambe  e  le  braccia,
          nuotando  nell’aria.  Sì,  sembravano  nuotare  nell’aria.  E  non  arrivavano
          mai.  Verso  i  trentesimi  piani,  però,  acceleravano.  Si  mettevano  a
          gesticolar disperati, suppongo pentiti, quasi gridassero help-aiuto-help. E
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