Page 231 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Italia. Nella Resistenza non c’era partito che non si occupasse degli ebrei,
che non rischiasse per gli ebrei. I cattolici sono stati stupendi: quel che è
successo nei monasteri, ad esempio, lo sappiamo solo noi. Intorno a
Roma, tutti i monasteri eran pieni di ebrei. Io sono stato ospitato tre volte
in un convento di clausura, al Gianicolo.
Sì, quello di fronte a Regina Coeli. Stavo in una so tta sopra la camera
della madre superiora. Insieme a me, quella bravissima donna teneva
anche un Ufficiale italiano.
Ciò è più che su ciente per farmi dimenticare gli italiani che
vendevano gli ebrei ai tedeschi.
Io torno spesso in Italia. È come un bisogno. Appartengo ormai
completamente a Israele, a questo kibbutz religioso dove siamo in
sostanza soldati di frontiera, eppure non posso impedirmi quel bisogno di
tornare spesso in Italia. Amo Israele come la vera ed unica patria, eppure
non riesco a staccarmi dall’Italia. Se vo a Gerusalemme e voglio vedere un
lm, scelgo un lm italiano. Mi viene spontaneo. L’altro giorno, ad
esempio, ho scelto II giardino dei Finzi Contini. Ma non perché fosse un lm
che parlasse di ebrei, anzi di una famiglia ebrea di Ferrara. Non perché
avessi letto il libro di Bassani. Non perché fosse parlato in italiano. Ciò
che mi interessava era un bel lm italiano anziché un bel lm francese o
americano. Lo dico con franchezza e con affetto.
Né capisco chi ha paura di riconoscere una tale verità.
PIERA LEVI
Ho lasciato tutti i parenti in Italia: è stata una scelta maturata dalla rabbia
Io sono venuta con la stessa nave di Milka e di Giovannino: sola.
Partendo ho lasciato tutti in Italia: mio padre, mia madre, le mie sorelle, i
miei parenti, esclusi quelli morti ad Auschwitz. Dodici dei miei parenti
nirono ad Auschwitz, soltanto uno tornò. La mia scelta dunque non è
stata in uenzata da nessuno della famiglia. È stata una scelta maturata
dalla rabbia per ciò che avevo so erto. Vengo da Ferrara, e a Ferrara la
persecuzione degli ebrei era stata violenta: al punto di farci scappare. La
mia storia infatti incomincia con la fuga da Ferrara, nel 1943. Una
mattina uscimmo di casa, io e mia madre e mio padre e le mie sorelle, e
andammo alla stazione: in cerca di un treno per Roma. A casa lasciammo
per no le nestre aperte, perché non si accorgessero che scappavamo.
Non ci portammo dietro nemmeno un vestito, un ricordo. Giungendo a
Roma avevamo le mani vuote come un guscio vuoto, e non servì a nulla
perché ci arrestaron lo stesso. Ci arrestarono in casa dello zio che ci aveva
ospitato. Ci arrestarono le SS. Vennero verso l’alba, alle cinque. Ci