Page 5 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
P. 5
prio la tua fotografia, evidente: era quella di un qualsiasi em-
brione di tre settimane, pubblicata su un giornale insieme a un
reportage sul formarsi della vita. E, mentre la guardavo, la paura
m’è passata: con la stessa rapidità con cui m’era venuta.
Sembravi un fiore misterioso, un’orchidea trasparente.
In cima si scorgeva una specie di testa con le due protuberanze
che diverranno il cervello. Più in basso, una specie di cavità che
diverrà la bocca. A tre settimane sei quasi invisibile, spiega la di-
dascalia. Due millimetri e mezzo. Eppure cresce in te un accenno
di occhi, qualcosa che assomiglia a una spina dorsale, a un siste-
ma nervoso, a uno stomaco, a un fegato, a intestini, a polmoni.
Il tuo cuore è già fatto, ed è grande: in proporzione, nove volte
più grande del mio. Pompa sangue e batte regolarmente dal di-
ciottesimo giorno: potrei buttarti via? Che m’importa se sei inco-
minciato per caso o per sbaglio, anche il mondo in cui ci troviamo
non incominciò per caso e forse per sbaglio? Alcuni sostengono
che in principio non c’era nulla fuorché una gran calma, un gran
silenzio immobile, poi si verificò una scintilla, uno strappo, e ciò
che non era fu. Allo strappo seguirono presto altri strappi: sempre
più imprevisti, sempre più insensati, più ignari delle conseguen-
ze. E tra le conseguenze sbocciò una cellula, anche lei per caso,
forse per sbaglio, che subito si moltiplicò a milioni, a miliardi,
finché nacquero gli alberi e i pesci e gli uomini. Tu credi che qual-
cuno si ponesse un dilemma prima dello scoppio o prima della
cellula? Credi che si domandasse se gli sarebbe piaciuto o no?
Credi che si preoccupasse della sua fame, del suo freddo, della
sua infelicità? Io lo escludo. Anche se il qualcuno fosse esistito,
ad esempio un Dio paragonabile all’inizio dell’inizio, al di là del
tempo e al di là dello spazio, io temo che non si sarebbe curato
del bene e del male.
Tutto avvenne perché poteva avvenire, quindi doveva avvenire,
secondo una prepotenza che era l’unica prepotenza legittima. E
lo stesso discorso vale per te. Mi prendo la responsabilità della
scelta.
Me la prendo senza egoismo, bambino: metterti al mondo, lo
giuro, non mi diverte. Non mi vedo camminare per strada col ven-
3