Page 40 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Parentesi chiusa e torniamo alle lettere. I giovani le scrivono o
no?
Oh, sì. Infatti quando guardo le centinaia di buste che non ho
ancora avuto il tempo d'aprire, che forse non aprirò mai, sento
una gran malinconia e penso: peccato! Chissà quante vengono
da loro.
Chissà a quante carezze sul cuore rinuncio tenendole li. Perché
vede: oggigiorno tutti corteggiano i giovani. Tutti. La Destra, la
Sinistra, il Centro, la stampa, la televisione, il cinema, il
commercio, la Chiesa. Io no. Sebbene sappia che essere giovani
è molto difficile, spesso addirittura doloroso, non li corteggio
per niente. Anzi li rimprovero, li tratto con la severità di cui
hanno bisogno. La stessa con cui cinquanta o sessanta anni fa
gli adulti trattavano me. E giustamente. Inoltre non dimentico
mai che le violenze piazzaiole ci vengono da buona parte di
loro. Che gli squadrismi rossi e neri e verdi si devono a buona
parte di loro, che l'osceno slogan «Dieci-cento-mille-Nassiriya»
si bercia nei loro cortei. Però quelli che scrivono a me non
rientrano in tale categoria. E sebbene a volte raccontino cose
che fanno male, le loro lettere sono davvero carezze sul cuore.
Così fresche, così sincere, così confortanti. Ascolti questa.
Viene da un ventenne di Padova uso a dare del tu. «Cara Oriana,
io sono un tipo qualsiasi. Il sabato sera vado in discoteca, ogni
tanto mi faccio lo spinello, e fino a ieri sventolavo la bandiera
arcobaleno.
Frequentavo i pacifisti arrabbiati, insomma, non avevo mai
posato gli occhi su un tuo libro. Alla mia università dicono che
la-Fallaci-non-bisogna-leggerla e il mio professore, diessino,
aggiunge che di te non-bisogna-nemmeno-pronunciare-il-nome.
La mia ragazza invece ti ama alla follia. Lo scorso maggio mi
ha messo in mano i tuoi due ultimi libri. Ha ringhiato che se non
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