Page 297 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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stata: con quel corpo fragile e breve, quelle gambe magre e
denutrite, quel viso segnato, da uomo. Del resto anche i suoi
gesti erano bruschi, da uomo, e anche il suo abbigliamento:
pantaloni e golfaccio; il golfaccio era ricucito in due punti.
Parlando si copriva con una mano la guancia e mi spalancava
addosso quegli occhi tremendi.
Sedeva o meglio stava raggomitolata come una bestia che ha
freddo su una grande poltrona e poi, di colpo, si alzava, si
metteva a camminare su e giù, si inginocchiava per terra. Le sue
frasi erano disordinate, i suoi pensieri salivano dal fondo del
ventre. Nel salotto era buio, nessuno venne mai a disturbarci.
Quando non ci fu più nulla da dire volle riascoltarsi. Con abili
gesti fece scorrere il nastro all'indietro, pigiò i bottoni, e mentre
la sua voce riempiva la stanza esplose in una sprezzante risata.
Rise, sprezzante, per tutto il tempo che la sua voce parlò.
ORIANA FALLACI: È insolito ciò che mi accade
ogniqualvolta la incontro, signora Magnani: una gran curiosità
di parlarle finché mi preparo a vederla e la sensazione di non
aver più nulla da chiederle non appena me la trovo davanti.
Quegli occhi cupi, quei denti feroci, quell'aria da uccello ferito
che non sa dove sbatter le ali... Sono le ali e i denti e gli occhi
della donna più misteriosa e più chiara che la mitologia del
cinematografo abbia inventato. I suoi ninnoli, i suoi gatti, i suoi
cani, la sua immutabile tristezza mascherata di vivacità...
Provai la medesima cosa la prima volta che la intervistai in
questa medesima stanza: lei è come un libro già scritto. Tanto
più incomprensibile quanto più si rilegge: ma scritto.
ANNA MAGNANI: Oddio ! Non è mica venuta a farmi un
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