Page 66 - Canti di Castelvecchio
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46. La mia sera

              Il giorno fu pieno di lampi;
            ma ora verranno le stelle,
            le tacite stelle. Nei campi
            c'è un breve gre gre di ranelle.
            Le tremule foglie dei pioppi
            trascorre una gioia leggiera.
            Nel giorno, che lampi! che scoppi!
                   Che pace, la sera!
              Si devono aprire le stelle
            nel cielo sì tenero e vivo.
            Là, presso le allegre ranelle,
            singhiozza monotono un rivo.
            Di tutto quel cupo tumulto,
            di tutta quell'aspra bufera,
            non resta che un dolce singulto
                   nell'umida sera.
              E`, quella infinita tempesta,
            finita in un rivo canoro.
            Dei fulmini fragili restano
            cirri di porpora e d'oro.
            O stanco dolore, riposa!
            La nube nel giorno più nera
            fu quella che vedo più rosa
                   nell'ultima sera.
              Che voli di rondini intorno!
            che gridi nell'aria serena!
            La fame del povero giorno
            prolunga la garrula cena.
            La parte, sì piccola, i nidi
            nel giorno non l'ebbero intera.
            Né io... e che voli, che gridi,
                   mia limpida sera!
              Don... Don... E mi dicono, Dormi!
            mi cantano, Dormi! sussurrano,
            Dormi! bisbigliano, Dormi!
            là, voci di tenebra azzurra...
            Mi sembrano canti di culla,
            che fanno ch'io torni com'era...
            sentivo mia madre... poi nulla...
                   sul far della sera.















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