Page 69 - Il mercante d'arte di Hitler
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Amburgo, Gustav Schiefler, con il quale Hildebrand Gurlitt avrà
modo di collaborare più tardi. L’ex direttore del tribunale
distrettuale, ora in pensione, tiene il suo discorso il 30 settembre
1914 di fronte alla Società degli artisti di Amburgo. Nella sua
relazione su «Le nostre responsabilità culturali al termine della
guerra» spiega all’uditorio che i soldati tedeschi «in questa
battaglia non combattono soltanto per sé e i propri averi, per la
casa e il giardino, per la famiglia e il focolare, per il potere e
l’influenza politica, ma per valori più alti in gioco: la natura
tedesca, il suo spirito, la sua cultura». Questa forma di
nazionalismo si nutre di cultura; il vero compito della guerra
sembra quello di provvedere alla nascita di una cultura
nazionale tedesca superiore a tutte le altre.
In questa cornice va intesa allora la propaganda di guerra
ufficiale nell’autunno 1914. Più che di informare la popolazione
su questioni di politica interna ed estera, ci si preoccupa di
tenerne alto il morale con messaggi culturali. A partire da quel
momento, il «Dresdner Anzeiger» inneggia alla vittoria
riportando poesie, memorabili aforismi di intellettuali e
immagini dei soldati, festeggia l’eroismo dell’esercito tedesco.
Anche i più scettici si lasciano trascinare in questo patriottismo
euforico da tifoseria. Il drammaturgo Gerhart Hauptmann, un
convinto socialdemocratico più che un fedele suddito di
Guglielmo II, compone per l’edizione del 22 agosto 1914 del
«Dresdner Anzeiger» la poesia Oh, mia patria. Lo scoppio della
prima guerra mondiale appare allo scrittore, altrimenti noto per
il suo pacifismo, come la diretta conseguenza di uno scontro di
civiltà. Simile è la reazione di Richard Dehmel, considerato il
compositore di versi più importante della sua epoca. Nel suo
estasiato adagio «Oh, uomo […] Oh, mondo» del periodo
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