Page 75 - Francesco tra i lupi
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Dovunque  volga  lo  sguardo,  Francesco  vede  un  Vaticano  impelagato  in  operazioni  e  trattative,  che  poco
    hanno a che fare con l’impegno religioso o con preoccupazioni caritative. Una Chiesa troppo concentrata
    sull’organizzazione in senso mondano, ammonisce, perde senso. «Ci sono quelli dello Ior – esclama poche
    settimane  dopo  il  suo  insediamento,  durante  una  messa  mattutina  a  cui  assistono  impiegati  della  banca
    vaticana –, scusatemi... tutto è necessario, gli uffici sono necessari... e vabbè. Ma sono necessari fino a un
    certo punto... Quando l’organizzazione prende il primo posto e la Chiesa poveretta diventa una ong... questa
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    non è la strada» .
      Per  un  paio  di  mesi  rimane  diffidente,  non  incontra  nemmeno  ufficialmente  il  presidente  della  banca
    Freyberg, che pure incrocia spesso alla residenza Santa Marta, dove il manager tedesco alloggia quando è a
    Roma. Il papa si prende tempo e ancora quattro mesi dopo la sua elezione ribadisce: «San Pietro non aveva un
    conto in banca, e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e
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    trovare la moneta dentro al pesce» . Allarmato, il direttore generale dello Ior Cipriani replica in un’intervista
    che un’istituzione finanziaria di proprietà della Santa Sede è una garanzia di indipendenza. Possedere uno
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    strumento come lo Ior è «doveroso» .
      Francesco  ha  i  suoi  progetti.  Ventiquattr’ore  dopo  l’intervista  di  Cipriani  –  una  coincidenza  casuale  –
    nomina il “prelato” dello Ior. È mons. Battista Ricca, direttore della residenza Santa Marta e di altre residenze
    ecclesiastiche,  tra  cui  la  Casa  internazionale  del  clero  in  via  della  Scrofa  dove  Bergoglio  ha  fatto  la  sua
    conoscenza. Il papa ha deciso. Lo Ior per ora resterà, ma va profondamente cambiato e adeguato una volta per
    tutte  agli  standard  di  trasparenza  internazionali.  Il  prelato  Ricca  sarà  «occhi  e  orecchie»  del  pontefice  nel
    consiglio d’amministrazione dell’istituto.
      In  rapida  successione,  il  26  giugno,  Francesco  crea  la  commissione  d’inchiesta  sullo  Ior  e  il  10  luglio,
    insieme alla commissione, incontra finalmente il presidente della banca vaticana. Freyberg fa un respiro di
    sollievo. Il papa comincia a mandargli documenti da lui annotati. «Fa piacere – afferma il banchiere – ricevere
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    osservazioni scritte a mano dal papa» . La macchina per trasformare radicalmente la banca riceve un impulso
    decisivo. E in clima di austerità viene tolta ai cinque cardinali, membri della commissione di vigilanza dello
    Ior, l’indennità speciale di venticinquemila euro annui.
      In realtà Francesco avrebbe voluto occuparsi delle finanze vaticane soltanto nel secondo anno di pontificato,
    ma il susseguirsi di notizie negative lo costringe ad anticipare. «L’agenda è cambiata... – confessa ai reporter di
    ritorno dal Brasile, parlando in termini calcistici – queste cose succedono quando nell’ufficio di governo uno
    va da una parte, ma gli tirano una pallonata dall’altra, e la devi parare... Non saprei dire come finirà questa
    storia. Ma le caratteristiche dello Ior – che sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia – devono essere
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    trasparenza e onestà» .
      Cinquantacinque anni, modi discreti, mentalità – per sua descrizione – da «imprenditore medio», Ernst von
    Freyberg ricorda il momento in cui Bertone lo chiamò al telefono per comunicargli la nomina: «Feci un
    profondo respiro e mi dissi, buon Dio aiutami!». Uomo d’affari, non crede ai progetti di banca etica ma si è
    posto  un  obiettivo  preciso:  «Il  mio  impegno  è  di  modificare  la  cattiva  fama  dello  Ior  e  farne  un  istituto
    finanziario  moderno,  efficiente,  discreto.  Piena  trasparenza  e  total  compliance  alle  regole  internazionali».
    Stretta aderenza alle norme anti-riciclaggio.
      Sul finire del pontificato di papa Ratzinger lo Ior ha 5200 clienti istituzionali (ordini religiosi, fondazioni e
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    così via) e 13.700 clienti individuali . Fanno parte di questa seconda categoria 5000 dipendenti vaticani,
    circa 8000 preti, frati e suore e 700 diplomatici e «altri». L’ammontare dei conti correnti individuali è di 1,1
    miliardo.
      A partire da metà maggio 2013 Freyberg chiama in banca una squadra di esperti dell’agenzia internazionale
    Promontory,  venti-venticinque  persone  a  cui  mette  a  disposizione  il  salone  della  presidenza  nel  torrione
    Niccolò V in Vaticano per passare al setaccio il profilo di tutti i clienti e conti correnti. Otto mesi dopo sono
    già state analizzate oltre diecimila posizioni e nel frattempo Freyberg ha fatto chiudere oltre milleduecento
    conti  correnti  non  in  regola  con  lo  statuto,  che  concede  l’apertura  di  conti  unicamente  a  «istituzioni
    cattoliche,  ecclesiastici,  dipendenti  o  ex  dipendenti  del  Vaticano  titolari  di  conti  per  stipendi  e  pensioni,
    nonché diplomatici accreditati presso la Santa Sede».
      La chiusura dei conti correnti è accompagnata da controlli precisi. I titolari, assicura Freyberg, «non possono
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