Page 77 - Francesco tra i lupi
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transazioni da parte di altre banche, Scarano spiega sempre al telefono: «Ho domandato al direttore [dello Ior,
Paolo Cipriani] e dice: “Nunzio, no guarda... noi di queste lettere ne abbiamo avute già centinaia e a tutte
abbiamo dato risposta, e la tua sarà una risposta più o meno come le altre, è normale che noi non andiamo a
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dire quello che è l’importo sul conto corrente”» . Scarano allo Ior è un correntista di primo rango.
Alla banca vaticana la vicenda provoca uno shock. «Eravamo nella palude – ammette Freyberg – però
avevamo una squadra per affrontare la questione. In una riunione di sei ore abbiamo messo al lavoro cinque
addetti per passare al setaccio dieci anni di operazioni di Scarano. Il risultato è stato un rapporto di 89 pagine
trasmesso all’Autorità di informazione finanziaria».
C’è l’appoggio del papa perché si faccia pulizia totale. Il portavoce papale Lombardi comunica che Scarano
era già stato sospeso un mese prima dall’Apsa, appena si era saputo dell’indagine di cui era oggetto a Salerno
per riciclaggio. La Santa Sede «conferma la sua disponibilità a una piena collaborazione» con le autorità
giudiziarie italiane. La sensazione tangibile del cambiamento di rotta del Vaticano rispetto ai passati silenzi
viene dal papa stesso. Interpellato dai giornalisti, replica: «Abbiamo questo monsignore che è in galera. Non è
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andato in galera perché assomigliava alla Beata Imelda!» . È un’espressione argentina per dire che Scarano
non è un angioletto. Francesco non si trincera dietro giri di parole, con linguaggio colorito comunica che il
monsignore è in prigione perché se lo merita.
Francesco parla così perché dallo Ior e dall’Aif sono arrivate subito sulla sua scrivania le relazioni dettagliate
dei traffici di Scarano. Nell’ultimo decennio il monsignore è stato titolare di dieci conti correnti, di cui
cinque vuoti al momento dell’arresto, tre attivi e due depositi. Scarano operava con differenti valute estere. In
dieci anni ha movimentato sette milioni di euro: 4,7 in entrata e 2,3 uscita. Mai nello Ior era stata fatta una
verifica come quella messa in atto dopo lo scandalo Scarano. I suoi conti sono stati congelati. Su Scarano apre
un’indagine formale anche la giustizia vaticana.
Il 1º luglio sono costretti a dimettersi il direttore generale dello Ior Paolo Cipriani e il suo vice Massimo
Tulli, anch’essi indagati dal promotore di giustizia (procuratore) del Vaticano. Per la riforma di Francesco la
vicenda Scarano si rivela un colpo di fortuna. La decapitazione della vecchia dirigenza compromessa accelera
l’operazione di riforma della banca vaticana.
Il 1º ottobre 2013 Freyberg rende pubblico e mette on line il bilancio dello Ior. L’utile netto, in data 31
dicembre 2012, è di 86,6 milioni di euro, quadruplicato rispetto all’anno precedente. I beni affidati alla banca
ammontano a 6,3 miliardi di euro. Successivamente Freyberg si concentra sull’elaborazione di un sistema
informatico, che assista il personale nell’individuazione di abusi e rischi. Vengono definite e digitalizzate
categorie di clienti con specifici profili di rischio: se si tratta di una guardia svizzera, un dipendente vaticano,
un prete, un vescovo o un cardinale. Per ogni categoria si ipotizza un normale volume di transazioni,
prendendo in considerazione la durata del rapporto bancario, l’identità del titolare di firma delegata, qualità e
frequenza delle operazioni, loro ammontare, area geografica interessata. Nello Ior risanato, dichiara Freyberg,
i «depositi dovranno servire esclusivamente per opere di religione al servizio della Chiesa».
Per Francesco è il primo risultato concreto del pontificato. L’operazione di pulizia alla banca è reale, anche se
non terminata. L’Aif – l’organo di controllo generale sui movimenti di denaro in tutte le amministrazioni
vaticane, istituito da Benedetto XVI nel 2010 e depotenziato dal cardinale Bertone un anno dopo – riacquista
con Francesco la pienezza delle competenze di vigilanza e prevenzione. Il papa dedica alla materia ben tre
documenti: un decreto dell’8 agosto 2013, la legge XVIII dell’8 ottobre seguente e la riforma dello statuto
dell’Aif il 15 novembre.
L’Aif entra a far parte del gruppo Egmont, il coordinamento internazionale degli organismi statali di
intelligence finanziaria, e firma memorandum d’intesa con una serie di paesi, tra cui Stati Uniti, Italia e
Germania. Per la prima volta il Vaticano risponde seriamente alle rogatorie delle autorità giudiziarie italiane.
L’entrata a regime di reali controlli si evidenzia nell’impennata delle segnalazioni di transazioni sospette: erano
sei nel 2012, se ne registrano centocinque nei primi dieci mesi del 2013.
Il pontefice apre ancora un altro fronte. Autorizza l’agenzia internazionale Ernst & Young ad effettuare una
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radiografia delle attività economiche e della gestione amministrativa del governatorato vaticano . L’obiettivo
è raggiungere maggiore efficienza e più risparmi. Per la prima volta, ad opera di agenzie straniere, sono
sottoposti a verifiche i santuari economici dello Stato pontificio. L’operazione suscita forti malumori