Page 50 - Prodotto interno mafia
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sottovalutazione né volontaria omissione di contestazione.
Se Ciancimino, quando ero procuratore a Palermo, avesse
deciso di rispondere alle contestazioni dei magistrati che lo
indagavano, anziché fare dichiarazioni ad altri magistrati anni
dopo, ammantandole di ingenerosi elementi di sospetto, forse
sarebbe stato piú facile chiarire anche circostanze che nessuno
dei miei colleghi aveva voglia di nascondere, meno che mai il
sottoscritto.
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Le misure di prevenzione tendono a prevenire, attraverso la imposizione di obblighi (divieto di frequentare pregiudicati, divieto di
allontanarsi dal proprio domicilio, di uscire dall’abitazione prima o dopo una certa ora ecc.) la commissione di un reato in base a un giudizio fondato
sulla pericolosità del soggetto. Esse si dividono in due categorie: post delictum che mirano a evitare la recidiva e ante delictum che tendono a
evitare che il prevenuto cada nel primo delitto. È evidente, quindi, che possono essere applicate anche a soggetti incensurati nei confronti dei quali sia
stata formulata una prognosi di pericolosità sociale.
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Tommaso Buscetta, conosciuto come «il boss dei due mondi» per la sua attività tra Italia e Stati Uniti, è stato il primo pentito della mafia
siciliana. Ha rivelato al giudice Giovanni Falcone l’esistenza della «Cupola» mafiosa.
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Grasso definisce i capimandamento come i rappresentanti della famiglia e del territorio nella «Commissione provinciale», l’organo
verticistico di direzione strategica di Cosa nostra.
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La prima «Commissione» di Cosa nostra nacque a Palermo durante una riunione avvenuta tra il 12 e il 16 ottobre 1957 all’hotel Les Palmes
a cui parteciparono i rappresentanti delle cosche mafiose americane e quelle siciliane. Il primo «capo dei capi» fu Salvatore Greco detto
«Cicchiteddu».
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Dal 10 febbraio 1986 al 10 dicembre 1987 si svolse a Palermo il primo maxiprocesso a Cosa nostra: 475 indagati. Pietro Grasso, a fianco del
presidente della corte Alfonso Giordano, è stato estensore della sentenza (di circa 8000 pagine) che irrogò 19 ergastoli e oltre 2500 anni di reclusione.
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Il primo rapporto Eurispes-Coldiretti sui crimini agroalimentari stima che il volume d’affari complessivo dell’agromafia sia quantificabile in
12,5 miliardi di euro di cui: 3,7 miliardi di euro da reinvestimenti in attività lecite (30 per cento del totale) e 8,8 miliardi di euro da attività illecite (70
per cento del totale).
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I cittadini cinesi registrati all’anagrafe di Prato erano già nel 2007 oltre 10000. Oggi si ipotizza che siano il doppio.
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Carmelo Novella nel 2008 diventa responsabile della «Lombardia», una struttura di vertice della ’ndrangheta operante al Nord fin dall’inizio
degli anni Ottanta. Ambizione di Novella è rendere indipendente la struttura dalle cosche calabresi e riunire sotto la «Lombardia» tutti i locali
lombardi. Per questo motivo il «Crimine» decide di eliminarlo. Novella viene ucciso il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona, in provincia di Milano.
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Il regime del carcere duro previsto dall’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario fu introdotto nel 1992 a seguito della strage di Capaci.
La norma prevede che la pena venga espiata in strutture carcerarie particolari, che sono generalmente separate dal resto dell’istituto. Il detenuto
sottoposto a tale regime vive in isolamento, la corrispondenza è controllata, può ricevere un solo «pacco» di viveri e/o abbigliamento al mese, dispone
di un colloquio mensile con i familiari che si svolge attraverso un citofono ed è ripreso da telecamere. È prevista un’ora d’aria al giorno da passare in
solitudine e in spazi molto ridotti. I reclusi sottoposti al 41-bis partecipano ai processi in videoconferenza, dunque senza possibilità alcuna di contatti
tra i coimputati.
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Pietro Grasso e Alberto La Volpe, Per non morire di mafia, Sperling & Kupfer, Milano 2009.
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Il boss Giovanni Brusca è stato condannato per oltre cento omicidi. Tra gli altri: la strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone,
la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro; la strage di via D’Amelio in cui morirono il
giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina; e
l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo. Brusca è stato arrestato il 20 maggio 1996 ad Agrigento. È
collaboratore di giustizia dal 1997.
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La notte tra il 26 e 27 maggio 1993 una Fiat Fiorino esplode nei pressi della storica Torre dei Pulci, tra gli Uffizi e l’Arno, sede
dell’Accademia dei Georgofili. Muoiono cinque persone: Caterina Nencioni, Nadia Nencioni, Dario Capolicchio, Angela Fiume, Fabrizio Nencioni.
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Il termine «papello» si riferisce al foglio consegnato agli inquirenti da Massimo Ciancimino, figlio di don Vito Ciancimino, ex sindaco di
Palermo e presunto mediatore di Cosa nostra nella trattativa Stato-mafia. Il foglio conterrebbe le 12 richieste dell’organizzazione allo Stato
nell’ambito dei presunti tentativi di accordo tra elementi di Cosa nostra e pubblici ufficiali dello Stato italiano agli inizi degli anni Novanta.
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Gaspare Spatuzza, uomo di fiducia del boss corleonese Leoluca Bagarella e stretto collaboratore dei fratelli Graviano, è stato condannato
all’ergastolo per diversi omicidi tra cui spiccano quello di padre Pino Puglisi e le stragi di Milano, Firenze e Roma del 1993. È stato arrestato nel 1997
e, pentito dal 2008, ha rilasciato dichiarazioni a proposito del biennio ’92-’93. Ha accusato Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri di essere i mandanti
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