Page 48 - Prodotto interno mafia
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Il dramma dei giudici è intuire, sospettare e capire, ma non
riuscire a dimostrare. La magistratura deve sempre attenersi alla
legge: la verità processuale si raggiunge solo quando si arriva
alla prova. Sulla presunta trattativa Stato-mafia siamo ben
lontani dal potere pronunciare l’agognata frase: «Abbiamo in
mano la verità». Certo, il termine trattativa è scritto nella
sentenza delle stragi di Firenze, Roma e Milano e sta a indicare
che c’è stato un contatto tra rappresentanti delle istituzioni e
rappresentanti di Cosa nostra, ma che cosa abbia davvero
significato quel contatto e quali siano state le conseguenze è
ancora da capire.
Lei ha appreso dell’esistenza di una trattativa Stato-mafia
attraverso le dichiarazioni del pentito Giovanni Brusca ?
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La svolta sono le indagini espletate durante il processo per la
strage di via dei Georgofili a Firenze . Durante gli interrogatori
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Brusca inizia a parlare del «papello» e di presunte richieste fatte
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da Cosa nostra allo Stato, cita personaggi ed episodi. Lo stesso
pentito inizialmente non aveva chiara la cronologia degli eventi,
i collegamenti tra i personaggi. Solo mettendo insieme fatti
accaduti e dati acquisiti durante il processo, Brusca comincia a
delineare un quadro piú chiaro della situazione. E noi, io e il
compianto collega Gabriele Chelazzi, insieme a lui. È successo
tutto durante il processo. Per quanto mi riguarda, credo che avere
avuto la costanza e la tenacia, oltre che il privilegio, di
raccogliere, nel corso di un colloquio investigativo, le prime
dichiarazioni collaborative sulla strage di via D’Amelio da
Gaspare Spatuzza sia stato un contributo non esiguo alla ricerca
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della verità sulla ricostruzione della strage e, indirettamente,
anche sulla presunta trattativa…
Nel 2005 durante una perquisizione a casa di Massimo
Ciancimino viene ritrovato il presunto «papello» scritto da
Bernardo Provenzano e indirizzato a Silvio Berlusconi
contenente delle richieste di Cosa nostra al presidente del
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