Page 142 - Prodotto interno mafia
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Da direttore della rivista di affari internazionali «Foreign Policy», Moisés Naím era specializzato nello sfatare i falsi miti dell’informazione,
dossier apocrifi su alieni, rapporti segreti della Cia, misteriosi omicidi e guerre fantascientifiche tra gli stati.
Anche il mondo della criminalità organizzata è affollato di falsi miti. Naím ne svela subito un paio. Il primo concerne il rapporto tra mafie e
organizzazioni terroristiche, che in Italia ha avuto anche l’avallo della Commissione nazionale antimafia: «La ’ndrangheta si espande alla maniera di
al-Qaeda, – si legge nella prima relazione annuale sulla ’ndrangheta del 2008 approvata all’unanimità dalla Commissione parlamentare antimafia, –
con un’analoga struttura tentacolare priva di una direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, di una vitalità che è quella
delle neoplasie, e munita di una ragione sociale di enorme, temibile affidabilità». Naím mi spiegherà, invece, perché, a suo giudizio, non c’è nulla di
piú sbagliato che paragonare una società criminale a un’organizzazione terroristica.
La seconda bufala riguarda i cosiddetti paradisi fiscali.
L’economista, nato in Libia nel 1952 e cresciuto a Caracas, in Venezuela, mostra come l’epicentro illegale della crisi finanziaria del 2008 non
sia stato nelle isole Cook o nella Repubblica di Panamà, ma negli uffici con le scrivanie in radica e gli sportelli per i piccoli risparmiatori delle banche
di New York e Londra.
Moisés Naím conosce bene il mondo della finanza e le sue implicazione criminali. Laureato al Mit di Boston, dopo essere stato ministro
dell’Industria e del Commercio del Venezuela, paese grande produttore di petrolio, direttore esecutivo della Banca mondiale e membro del World
Economic Forum, si è rimesso a lavorare sulla criminalità. Il risultato è stato Illecito. Come trafficanti, falsari e contrabbandieri stanno controllando
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l’economia mondiale, un saggio del 2004 , (tradotto da Mondadori nel 2006) che rivela il lato oscuro della globalizzazione, illuminando gli intrecci
tra pirateria internazionale, commercio illegale di armi, organi per trapianti, droga, esseri umani.
Ci incontriamo a Bassano del Grappa, in Veneto, durante il convegno organizzato dalla Fondazione Nardini (di cui Naím è direttore scientifico)
sul tema «Come sarà il mondo nel 2050». Lí cominciamo a discutere delle nuove strategie «illecite». Come sarà la criminalità organizzata del futuro?
Quali i business, i protagonisti, le caratteristiche? Non si può prevedere oggi quello che le mafie saranno domani, ma l’ex direttore della Banca
mondiale è specialista di analisi dei weak signal, i segnali deboli che avranno peso nel futuro. Qualche settimana dopo, via Skype dalla sua casa di
Washington, città dove vive dagli anni Novanta, Naím racconta perché gioco d’azzardo, buchi neri geopolitici e il sistema finanziario ombra siano
destinati a contare sempre di piú. E perché il futuro della criminalità si giocherà nelle stanze della politica, dell’economia e della finanza.
Al contrario di altri esperti, incluso il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso che vedono nella Cina la grande madre criminale del xxi
secolo, Naím è ottimista: – Piú Pechino diventa potente, piú si rende dipendente dal resto del mondo e deve connettersi all’economia mondiale. Alla
crescita economica corrisponde la necessità di operare con certe regole: non è una questione di etica, ma di interessi –. Né slogan antimafia, né
richiami all’etica ci salveranno dai racket. La strada tracciata dall’ex direttore della Banca mondiale è tutta economica: la partita contro l’«illecito» si
vince nei bilanci.
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