Page 98 - Mani in alto
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Sabato 16 dicembre. Ore 13.20















           Paolo e Romano sono seduti a tavola.

           Daniele è in soffitta a riposare, è ancora provato da come sono andate le cose, non
          se la sente di mangiare, né di rivedere Maria.
           In cucina la mamma di Paolo si dà da fare attorno ai fornelli. Una madre sa sempre
          quello che succede ai propri figli, lava i piatti e non dice una parola. Una madre sa

          bene che, a volte, le parole non servono.
           Paolo e Romano sono seduti uno di fronte all’altro.
           «Tu dici che ci beccano questa volta?» chiede il Bello fissando il soffitto.
           «Nel dormiveglia ho fatto una specie di sogno, direi una premonizione…» risponde

          Paolo a denti stretti.
           Poi si alza dalla sedia, prende il pacchetto di Camel da sopra la credenza e ne
          estrae una sigaretta con i denti.
           «Prendi e fumaci sopra» dice Paolo lanciando il pacchetto al Bello.

           «Il Lungo quando ti ha detto che arriva questa macchina?»
           «Tra un’oretta al massimo dovrebbe essere qui».
           Il Lungo dice che tira brutta aria. Tutte le questure d’Italia sono in allarme, i
          giornali hanno sbattuto in prima pagina la rapina di Roma, l’opinione pubblica è

          scossa. La gente vuole i colpevoli.
           «Andiamo a svegliare il cinno di sopra?»
           «Lasciamolo riposare ancora, tra un po’ dovremo andarcene in fretta».
           «Ah, certo io in galera non ci torno, al massimo farò come Dillinger…» dichiara

          Romano quasi tra sé.
           Paolo osserva sua madre, è sempre di là in cucina in silenzio, poi si rassetta il
          braccialetto con un lieve movimento del polso.
           «La rivoluzione fascista ha fallito e Togliatti quella comunista non l’ha fatta

          nemmeno cominciare…» mormora Paolo.
           In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o
          di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si
          muore…

           Le parole del comandante Borghese aleggiano nella stanza, fuori un silenzio irreale
          ha invaso il porticato.
           La gente è a casa tra le proprie mura, tutti rinchiusi nelle proprie miserie, cullati
          dalla speranza che arrivi un mondo migliore. Nessuno però osa sperare in un futuro
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