Page 90 - Mani in alto
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Roma, giovedì 14 dicembre
«Faccio il pieno dotto’?»
La 1400 color avana si è fermata al distributore Shell sulla Cassia. Il ragazzo con la
tuta ha infilato la cannetta della pompa nel serbatoio e si avvicina al parabrezza con
uno straccio in mano.
«Roma sarebbe anche bella, se non ci fossero i romani…»
«Be’ però le romane non sono mica male…» dice il Bello in un soffio.
«Bella ’sta macchina… pare quella de’ firm americani…» sospira il ragazzo
pulendo il vetro del parabrezza.
«Quanti chilometri fa?» chiede sporgendosi verso il cruscotto.
«Tu pensa a fare il pieno che ai chilometri ci pensiamo noi».
Il Biondino, in fondo, non era poi mica tanto biondo. La cura dell’auto è di sua
competenza, l’indicatore di livello è impietoso e dopo tanti chilometri reclama i suoi
ottani di benzina.
Paolo è di fianco all’autista, dietro siedono Daniele, Zucchero e il Bello.
Il Biondino infila la prima e riparte deciso.
La strada è libera, in fondo s’intravvedono dei pini marittimi a far compagnia al
rudere di una villa imperiale. Ogni angolo di Roma trasuda storia e magnificenza.
La 1400 arriva lentamente in viale Trastevere. Si ferma e scendono in quattro. Il
Biondino riparte subito per poi fermarsi trecento metri più avanti, meglio non far
notare l’auto vicino a una banca.
Il Bello e Paolo attraversano la strada e si dirigono verso l’ingresso del Banco di
Sicilia. Daniele e Zucchero restano sul marciapiede. Gli altri due sono appena
spariti oltre il portone principale della banca.
Daniele offre una Camel a Zucchero e gli porge la fiamma dello svedese cingendola
con una mano a coppa.
«Come mai ti chiamano Zucchero?»
«Hai presente il Caffè sotto le Due Torri?»
«Quale? Ce ne sono tanti…»
«Quello con la mora alla cassa… quella con due tette così!»
«Ah be’ sì, ho capito… la Silvana!»
«Vedo che hai dell’occhio… insomma un giorno le chiedo quanto costa il caffè,
così, tanto per attaccare discorso, lei mi fa: “Trenta lire signore”. Io le chiedo: “Ma
lo zucchero quanto costa?” “Ma lo zucchero non lo facciamo mica pagare…”