Page 42 - Mani in alto
P. 42
L’applauso a se stessi lo fanno sin da bambini, durante l’eccitazione di un nuovo
gioco con le spade di legno o tra i meandri di nascondigli segreti.
Al tempo dell’infanzia ogni strada aveva la sua piccola banda, cricche scalmanate
che difendevano il territorio con fucili a elastici e frecce di carta. L’applauso a se
stessi sanciva un’evidente superiorità sul campo e prendeva clamorosamente per il
culo i perdenti.
L’applauso a se stessi si faceva poi tra gli amici per vantarsi di nuove ragazze
appena conosciute.
L’ultima volta che Daniele partecipò a un convinto applauso a se stessi, fu quando,
dopo la scuola, carpirono un appuntamento a tre ragazze che stavano al collegio
delle suore.
Quando sboccia un’emozione legata ai ricordi, le reminiscenze riaffiorano di colpo
come lampi in un temporale. Piccoli intimi avvenimenti si rincorrono uno dopo
l’altro, legati da un filo invisibile. Tessere di un mosaico privato custodite
gelosamente in un angolo segreto dell’animo.
«Allora possiamo anche ripetere lo spettacolo…» dice Romano richiudendo il
giornale.
In prima pagina del quotidiano c’è una foto della guerra in Corea.
A Seul, in un paesaggio distrutto dai bombardamenti, due marines attendono con
mitra in mano un cecchino che sta uscendo da una buca con gli abiti in fiamme.