Page 881 - Shakespeare - Vol. 4
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la  riconciliazione,  l’agnizione  (e  in  questo  senso  il  dramma  è  documento
          prezioso anche dal punto di vista antropologico, e ben lo vedeva T.S. Eliot,
          che nel Waste Land ne fuse la materia con quella attinta alle opere del Frazer
          e della Weston); la dimensione simbolica verso cui il linguaggio si protende −

          e basti pensare alla carica simbolica che hanno la tempesta e l’isola, il mare,
          l’acqua (come appunto nel poema eliotiano) e alla funzione che assume la
          musica. Di qui il richiamo frequente sia alla mitologia (attraverso l’Odissea e
          soprattutto  l’Eneide,  nonché  l’Ovidio  delle Metamorfosi)  sia  alla  tradizione

          religiosa  (il  Giardino  dell’Eden,  Adamo  ed  Eva)  al  fine  −  costante  in
          Shakespeare  −  non  di  creare  un’allegoria  mitologica  o  religiosa  ma  di
          immettere il discorso drammatico in una sfera più universale.
          Uno  dei  testi,  per  tutto  questo,  più  ardui  da  rappresentarsi;  ma  anche  più

          ardui  da  penetrare  intellettualmente:  per  tutto  questo,  e  per  quanto  nella
          Tempesta  vive  della  situazione  storica  e  politica,  sociale  e  culturale
          dell’Inghilterra contemporanea. Se tutto il teatro elisabettiano è strettamente
          legato alla realtà del suo tempo, ciò è vero anche della Tempesta, di questa

          «favola» pastorale che sembra fuori del tempo e dello spazio e in cui invece
          vivono tutte le tensioni di quegli anni cruciali della storia d’Inghilterra. Come
          la  stessa  occasione  della  rappresentazione  a  Corte  (il  fidanzamento  tra  la
          figlia di Giacomo I, Elisabetta, e Federico V, Elettore palatino del Reno) non è

          un avvenimento mondano ma è soprattutto un avvenimento politico, così la
          vicenda di Prospero (che è poi essenzialmente la storia dei suoi rapporti col
          mondo e con gli uomini) consente a Shakespeare di affrontare alcuni dei nodi
          cruciali della situazione contemporanea: Prospero è sì l’uomo di fronte alla

          vita e alla morte, ed è anche il padre di fronte al rapporto con la figlia; ma
          Prospero  è  duca,  e  ciò  fa  sì  che  attraverso  di  lui  Shakespeare  ancora  una
          volta  rifletta  sul  problema  del  governo  e  del  governante,  e  insomma  del
          Principe, tema costante delle sue opere, e tanto più ora che l’interlocutore è

          quel  Giacomo I  Stuart,  salito  al  trono  nel  1603,  che  campeggia,  visibile  o
          invisibile, sulla scena di questo teatro; Prospero è mago e scienziato, ed ecco
          allora  che  tale  sua  qualità,  mentre  costituisce  un  ulteriore  elemento  del
          dialogo  di  Shakespeare  con  Giacomo I  (cultore,  conviene  osservare,  di

          demonologia), fa della sua azione scenica l’immagine di un delicatissimo e
          decisivo  momento  di  storia  della  scienza  e  delle  idee;  Prospero  è
          colonizzatore,  e  nel  suo  rapporto  con  l’isola  e  con  Caliban,  lo  «schiavo
          deforme» di cui si legge nell’elenco dei personaggi, trova forma il rapporto

          dell’Inghilterra cinquecentesca e secentesca con le nuove terre e soprattutto
          l’America nonché quello (che è anche rapporto natura-arte) dell’uomo bianco
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