Page 271 - Shakespeare - Vol. 4
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PREFAZIONE
Pubblicato nel First Folio del 1623, Cimbelino fu probabilmente rappresentato
per la prima volta (stando alle annotazioni di Simon Forman) nell’aprile del
1611. Stabilire con precisione la data della sua composizione è più difficile:
tuttavia, la critica più recente è abbastanza concorde nel ritenere verosimile
la metà del 1610: dopo il ciclo delle tragedie a sfondo greco o romano
(Antonio e Cleopatra, Coriolano, Timone d’Atene), dunque, e più o meno in
contemporanea con gli altri romances che caratterizzano l’ultima fase della
produzione shakespeariana (Pericle, principe di Tiro − sul quale pesano, va
detto, tantissimi dubbi riguardanti l’attribuzione e la datazione, ma che pare
di poco precedente −, Il racconto d’inverno e La tempesta).
Sebbene il First Folio la presenti come una tragedia (il titolo originale era
appunto The Tragedie of Cymbeline), l’opera è piuttosto un romance
sperimentale − e, a detta di molti, forse anche per questo poco riuscito − che
complica la linearità del Pericle (presentando allo spettatore rapimenti,
fughe, separazioni, travestimenti, morte presunta e presunta infedeltà, tutte
condite da una serie finale di agnizioni multiple) e anticipa alcuni temi che
troveranno più compiuta e matura espressione nel Racconto d’inverno e nella
Tempesta (la gelosia e il sospetto, per esempio, o la contrapposizione tra vita
di corte e «stato selvaggio»).
Trattandosi di un’opera dall’intreccio molto complesso, è naturale che sia
debitrice di più fonti d’ispirazione. Per quanto riguarda lo sfondo storico (poi
ammantato di leggenda), ovvero le gesta di quel Cimbelino o Cunobelinus
che, citato quale Britannorum Rex da Svetonio, visse a cavallo tra la fine del I
sec. a.C. e la prima metà del I sec. d.C., intrattenendo buoni rapporti con
l’impero romano, Shakespeare si affidò come di consueto alle Cronache di
Holinshed, che sull’argomento molto devono all’Historia Regum Britanniae di
Geoffrey of Monmouth. Un passo dello stesso Holinshed relativo alla storia
scozzese (nello specifico, l’eroismo di un contadino scozzese in grado di
guidare l’esercito in rotta e di respingere i danesi a Luncarty nel 976)
riemerge poi in filigrana nell’episodio in cui Belario, Guiderio e Arvirago, nelle
fattezze di montanari, riescono a ribaltare le sorti della battaglia mettendo in
fuga gli invasori romani.
Le vicissitudini amorose che legano Postumo, Imogene e Iachimo, invece,
hanno un precedente illustre nel Decameron di Boccaccio, e precisamente