Page 1175 - Shakespeare - Vol. 4
P. 1175

Come, nobile cugino?



              ARCITE
               Perché non considerare questa prigione come sacro asilo,
               che ci protegga dalla corruzione di uomini inferiori?
               Siamo giovani e ancora desideriamo le vie dell’onore,
               che libertà e contatti volgari, veleno

               degli spiriti puri, potrebbero come tentatrici
               lusingarci a deviare da esse. Quali degni oggetti
               possono esistere di cui le nostre fantasie

               non possano appropriarsi? Ed essendo qui così insieme,
               siamo una risorsa infinita l’uno per l’altro;
               siamo moglie uno all’altro, sempre generatrice
               di nuova prole d’amore; siamo padre, amici, compagni;
               siamo, l’uno nell’altro, famiglia.

               Io sono il vostro erede, e voi il mio; questo luogo
               è il nostro patrimonio; nessun tirannico oppressore
               oserà privarcene; qui con un po’ di pazienza

               avremo vita lunga e piena di affetto. Vizi non c’insidiano;
               la mano della guerra qui non colpisce alcuno, né i mari
               inghiottiscono la loro gioventù. Se fossimo in libertà,
               una moglie potrebbe dividerci legittimamente, o gli affari;
               i litigi consumarci; la malignità di uomini perversi

               insistere a cercarci. Potrei ammalarmi, cugino,
               dove voi non potreste saperlo, e così morire
               senza la vostra nobile mano a chiudermi gli occhi,

               o pregare gli dei; mille occasioni,
               se non fossimo qui, ci separerebbero.



              PALAMONE
                               M’avete reso −
               grazie, cugino Arcite − quasi invaghito
               della mia prigionia. Quale disgrazia

               è vivere in giro per il mondo e dappertutto!
               È da bestia, mi sembra. Io qui trovo il palazzo;
               sono sicuro, maggiore contentezza; e tutti quei piaceri
               che lusingano la volontà degli uomini alla vanità

               vedo ora chiaramente, e sono in grado
   1170   1171   1172   1173   1174   1175   1176   1177   1178   1179   1180