Page 939 - Shakespeare - Vol. 3
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=  stampo,  impronta),  dello  stampo  come  matrice,  sia  riguardante  il
          concepimento o la creazione della vita, sia riguardante il conio di medaglie o
          della vil moneta. In entrambi i casi, stampo, matrice o carattere si prestano
          alla  contraffazione,  alla  falsificazione,  al  rovesciamento  della  genuinità.

          «There is a kind of character in thy life» (I, i, 27 sgg.), dice il Duca ad Angelo,
          che dovrebbe dispiegare la sua storia: sappiamo che è il contrario. Il frutto
          dell’amore è scritto su Giulietta «With character too gross» (I, ii, 150); per
          Angelo,  le  dolcezze  d’amore  «coin  heaven’s  image  /  In  stamps  that  are

          forbid»;  concepire  come  ha  fatto  Claudio  è  «to  put  mettle  in  restrained
          means»,  in  modo  da  contraffare  una  vita  (II,  iv,  45-49).  Le  donne,  per
          Isabella,  sono  cedevoli  e  «credulous  to  false  prints»  (ivi,  129):  l’impronta
          dovrebbe rafforzare, ma invece tradisce e si risolve in debolezza.

          Nella seconda parte del dramma, l’immagine dello stampo e dell’impronta si
          diluisce  (pur  riapparendo  in V,  i,  12-14):  ma  fin  dove  è  presente  conferma
          come il principio della contraffazione e del falso caratterizza (è il caso di dirlo)
          in modi diversi i personaggi, il loro comportamento, e il loro linguaggio.

          Il  dramma  si  fonda  e  si  articola  sul  dibattito  di  grandi  contrapposizioni  e
          dicotomie,  alternative  che  non  ammettono  facile  soluzione,  e  costituiscono
          appunto la sua forza e il suo fascino.
          Il linguaggio, l’indole, la natura umana, le stesse leggi e lo stato, costringono

          a recitare, come abbiamo visto, dei ruoli, a sostenere una parte. Comunque si
          riesca a farlo, il mondo è un palcoscenico, e noi semplici attori. Lo esplicita il
          Duca nell’Atto V, dopo averlo in vari modi imposto ai comprimari (a partire da
          Angelo,  nelle  prime  battute),  come  regista  di  un dénouement  con  tutte  le

          caratteristiche  di  una  rappresentazione  teatrale,  che  alla  fine  lascia  però
          ampiamente insoddisfatti. I ruoli imposti o connaturati agli agenti costringono
          infatti alla scelta drammatica e lacerante fra opzioni che coinvolgono grandi e
          inconciliabili principi.

          Fra Vita (Generazione) e Morte, fra Vizio e Virtù, in primo luogo, nelle forme
          che si son viste, e che Escalo sottolinea nei loro paradossali risvolti con un
          verso gnomico: «Some rise by sin, and some by virtue fall» (II, i, 38). È il
          rischio maggiore che corrono i protagonisti, e che spetterà a lui sventare nel

          modo  che  si  è  visto.  Questa  contrapposizione  di  fondo  implica  quella,
          debitamente insistita, fra restraint e scope, fra freno e libertà o licenza, con i
          rovesciamenti  e  le  ricadute  dell’uno  sull’altra  che  si  sono  analizzati.
          Limitazioni e repressioni rischiano di corrompere o compromettere l’equilibrio

          quanto l’eccesso o la vastidity del libero movimento; d’altro canto, amore o
          licenza  sessuale  sono  collegati  al  motivo  del  denaro,  come  nel  caso  di
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