Page 942 - Shakespeare - Vol. 3
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(protratti  dallo  stesso  Duca)  sono  come  un  filo  nero  che  ne  percorre  ogni
          momento. La corruzione è esorcizzata e edulcorata alla fine, ma ne rimane
          un’ombra fortissima, richiamata ancora alla fine con insopprimibile evidenza
          dal Duca: «I have seen corruption boil and bubble / Till it o’errun the stew»

          (V, i, 316-317). Le forze dell’armonia prevalgono (o vengono fatte prevalere)
          alla fine − ma sono le forze della discordia, della lacerazione, a lasciare un
          segno indelebile. Sono soprattutto le forze oscure dell’animo e della psiche,
          gli impulsi dell’inconscio, le pulsioni della carnalità, a fare di questo dramma

          un’esperienza discorde e indimenticabile, acre e possente, che affascina ed
          opprime. Si respira male nel dramma; nonostante tutto quello che escogita il
          Duca ci si sente sempre ristretti «To a determin’d scope» ( III, i, 71), chiusi in
          un mondo e in un’aria che soffocano: ma lì si gioca la partita.

          Contrasti  e  antinomie,  disparità  e  opposizioni  restano  giustapposti,  non
          veramente  risolti,  dialetticamente  aperti,  costantemente  visti  dai  due  lati;
          rivelano  una  relatività  di  valori  e  l’impossibilità  della  risoluzione.  Siamo
          nell’ambito  di  una  duplicità  (almeno  fino  all’Atto V)  che  tiene  col  fiato  e  la

          mente sospesi. La figura dell’inversione e del capovolgimento, ovvero della
          duplicità,  che  si  attua  a  livello  strutturale  nel  passaggio  da  potenziale
          tragedia  a  ibrida  commedia,  domina  a  livelli  ben  più  profondi  −  morali  e
          psichici, ideologici e sessuali.

          È la morte, ricorda il Duca, con frase memorabile, «That makes these odds all
          even» (III, i, 41) − soltanto la morte, e nessun altro, può pareggiare queste
          disparità: esse restano come cifra stessa e sostanza di Measure for Measure.

                                                                                                  SERGIO PEROSA




          Bibliografia per «Misura per misura»



          TESTI
          Il  testo  seguito  per  questa  traduzione  è  sostanzialmente  quello  curato  da
          J.W. Lever per il New Arden Shakespeare, London 1965. L’opera è curata nel

          “vecchio” New Cambridge Shakespeare da A. Quiller-Couch e J. Dover Wilson,
          Cambridge 1922; nello Yale Shakespeare da W.H. Durham, New Haven 1926;
          nel New  Temple  Shakespeare  da  W.R.  Ridley,  London  1935;  nel  Pelican

          Shakespeare  da  R.C.  Bald,  Baltimore  1956  (riv.  1969);  nel New  Penguin
          Shakespeare  da  J.M.  Nosworthy,  Harmondsworth  1969;  nel New  Clarendon
          Shakespeare da R.E.C. Houghton, Oxford 1970; nel Riverside Shakespeare da
          G.B.  Evans,  Boston  1974;  nel New  Variorum  Shakespeare  da  Mark  Eccles,
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