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che aveva ereditato» (Bevington). Falstaff riappariva in Henry V nel ruolo del
          Coro.
          Le  due  parti  sono  state  di  nuovo  scelte  nel  1991  da  Adrian  Noble  per
          inaugurare  a  Stratford  la  sua  direzione  artistica  della  Royal  Shakespeare

          Company.  Noble  ha  curato  particolarmente  i  movimenti  di  gruppo  e  le
          transizioni, nelle scene ridotte ai minimi termini di Bob Crowley. Il prologo
          della  Fama  è  pronunciato  da  tutta  la  compagnia,  presa  da  un  moto
          vertiginoso; la scena della taverna (II, iv) è tumultuosa, con un Pistol (Albie

          Woodington) vestito di pelle scura, psicotico, «con la fissazione del “pisello”:
          cerca di stuprare le ragazze e uccidere i ragazzi; fortunatamente è incapace;
          quando dorme, non sorprende che si metta il pollice in bocca» (K. Kellaway).
          Al termine di questa scena, appena il Falstaff (definito «perdente») di Robert

          Stephens lascia la sua sedia, «una figura ammantata ne prende il posto: il Re
          (Julian Glover) pronuncia il suo discorso sull’insonnia in mezzo ai resti della
          baldoria»  (I.  Wardle),  mentre  i  clienti  dell’ostessa  Quickly  russano
          tranquillamente. Intanto la ribellione passa in secondo piano, e le vittime del

          tranello di Lancaster si limitano a far spallucce quando vengono incastrate. I
          conflitti risultano smussati, o mutano col volgere delle scene. Il Primo Giudice
          si sofferma a bere con Falstaff in I, ii; nella scena dell’incoronazione Falstaff
          «piange di gioia, anche se la sua carriera non verrà incoronata» (Kellaway).

          Secondo  i  critici,  il  centro  emotivo  di  quest’edizione  era  l’episodio  della
          riconciliazione di Re e Principe: «Glover chiama a raccolta le sue ultime forze
          per  costringere  in  ginocchio  Hal  [Michael  Maloney]  e  calcargli  in  testa  la
          corona,  quindi  fargli  un’amara  confessione  politica:  esce  di  scena  con  una

          risata  che  si  muta  in  un  rantolo»  (Wardle).  Hal,  fin  qui  intensamente
          disgustato  di  sé,  cede  ora  all’isterismo,  «ma  lascia  intendere  chiaramente
          che, quali che siano i crimini del padre contro l’Inghilterra, egli li laverà con
          sangue francese». Una conclusione amara, dunque, come quella dell’edizione

          1982. Noble segue Nunn anche nel dare risalto all’arresto di Quickly (Linda
          Bassett) e Doll (Joanne Pearce), scena che un tempo era ritenuta superflua e
          sacrificata alle esigenze del tempo (anche nell’edizione televisiva della BBC).
          Con queste quattro impegnative riprese fra 1975 e 1991, le due parti di Henry

          IV si sono confermate testi chiave del teatro shakespeariano, fra i più amati
          dal pubblico inglese e americano, che in essi vede riflessa felicemente eppure
          problematicamente la propria cultura.
          In Italia non risultano rappresentazioni di 2 Henry IV nei quasi quattrocento

          anni che ci separano dalla prima londinese (la Parte I è stata realizzata una
          sola  volta,  da  Giorgio  Strehler  a  Verona  nel  1951).  Vi  è  stata  nel  1961
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