Page 1152 - Shakespeare - Vol. 2
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Falstaff:  il  ripudio  appariva  inevitabile.  Nell’edizione  diretta  nel  1982  da
          Trevor  Nunn  per  l’inaugurazione  del  Barbican  Theatre  di  Londra,  lo  Hal  di
          Gerald Murphy era «creatura d’impulso più che di calcolo», ora rabbioso ora
          affettuoso col vecchio compagno (lo baciava sulla guancia dopo le «proteste

          sorprendentemente moderate per gli insulti nel dialogo con Doll» di II, iv). Il
          Falstaff di Joss Ackland era irascibile e sicuro di sé nel confronto col Primo
          Giudice (I, ii), che (come nell’edizione televisiva) attirava un grosso crocchio
          di  passanti,  scandalizzati  dalla  sua  aggressività.  Ackland  appariva  invece

          rilassato a casa di Shallow: vi arrivava addormentato su un carro (V, i), dopo
          cena era sempre lì lì per addormentarsi (V, iii). La sua fondamentale umanità
          era  sottolineata  quando  reagiva  con  orrore  alla  sentenza  di  morte  contro
          Coleville pronunciata frettolosamente da Lancaster. Questi e Westmoreland

          erano  presentati  da  Nunn  come  i  malvagi  della  vicenda:  negli  ultimi  versi
          Lancaster  appariva  entusiasta  della  prossima  guerra  in  Francia,  il  Primo
          Giudice preoccupato. Quella di Nunn era una lettura anticonservatrice, forse
          anti-Thatcher.  Nella  scena  dell’arresto  di  Doll  i  poliziotti  cercavano  di

          violentarla.
          L’Arcivescovo  e  i  suoi  alleati  erano  invece  visti  come  fondamentalmente
          benintenzionati. Quando Hal prendeva la corona «egli se la calcava in testa
          con un gesto goffo e sgraziato... la sua accessione al trono porta solo dolore:

          in parte per la morte del padre, più ancora per la perdita della sua via di fuga
          dalla  contaminazione  della  politica...  Nella  processione  dell’incoronazione
          sembrava         come        istupidito.      Quando         condannava          Falstaff,      usciva
          deliberatamente  dalla  fila  e,  per  quei  pochi  versi,  ritrovava  espressività,

          pronunciando il verdetto con un sorriso sforzato, reprimendo un singhiozzo.
          Quindi riprendeva il suo posto nella processione, il volto di nuovo vuoto. Il
          momento simboleggiava la perdita d’umanità implicita nel suo nuovo ruolo»
          (Wharton). Poins (Miles Anderson) era visto come un cinico che ha la capacità

          di non lasciarsi irritare da Hal, ed è l’unico che gli resta accanto nel passaggio
          alla  sua  nuova  vita.  La  scena  di  John  Napier  era  composta  da  quattro
          strutture  di  legno  su  cui  erano  quasi  sempre  disposti  astanti  e  garzoni,
          suggerendo  un’idea  della  collettività.  I  colori  scuri  e  il  trattamento  dei

          materiali rimandavano a un mondo cupo e consunto.
          Nel 1986 Michael Bogdanov presentò con la sua nuova English Shakespeare
          Company  una  versione  in  abiti  moderni  della  «trilogia  di  Hal»  (Henry IV  e
          Henry V),  portandola  nel  1987  all’Old  Vic.  «Michael  Pennington  era  un  Hal

          astuto e deciso che freddamente metteva da parte Falstaff (John Woodvine),
          maturamente consapevole dell’irrilevanza del vecchio amico al mondo storico
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