Page 9 - Nietzsche - Su verità e menzogna
P. 9
rasserenato. Va da un buon sarto per sembrare un “signore distinto” – in città lo chiamano
“l’inglese” perché quando esce ha un plaid sul braccio –, frequenta buoni ristoranti e, la sera,
siede al Caffè Subalpino dove può ascoltare musica senza sovrapprezzo. Crede anche di esser
diventato famoso perché lo scrittore svedese August Strindberg si dichiara conquistato dalle sue
idee, che definisce “radicalismo aristocratico”. L’ultimo lavoro che offre alla città che lo ospita
sono i Ditirambi di Dioniso.
Ma gli eventi precipitano tragicamente. I primi di gennaio del 1889 Nietzsche spedisce ad
amici lettere in cui si firma “il crocifisso”, “Dioniso”, in cui dichiara che intende “convocare a
Roma una Dieta di prìncipi” e “far fucilare il giovane Kaiser”. Attonito ed esterrefatto, l’amico
Overbeck si precipita a Torino e lo conduce a Basilea: la diagnosi è paralisi progressiva,
probabile conseguenza di un’infezione luetica contratta da studente universitario. Viene poi
portato a Jena e quindi a Naumburg dalla madre, che lo curerà fino alla morte, avvenuta nel
1897. In seguito, lo assisterà la sorella Elizabeth, divenuta vedova e rientrata dal Paraguay. Gli
ultimi anni Nietzsche li passerà vegetando, semiparalizzato, incapace di riconoscere i pur
numerosi visitatori: muore a mezzogiorno del 25 agosto del 1900. I suoi libri hanno ormai fatto
il giro del mondo.
L’opera
“Non si giunge mai tanto oltre come quando non si sa più
dove si vada.”
Goethe, Massime, 901
“L’opera di Nietzsche urta troppe e troppo radicate convinzioni e tradizioni perché non si sia
fatto il tentativo di metterla interamente sul conto della sua pazzia” (N. Abbagnano, Storia della
filosofia, Milano, TEA, 1995, V). D’altra parte, l’obiettivo stesso del suo formidabile itinerario
speculativo, radicato sul concetto di
“oltrepassamento”, implica come esito la follia: un tipo di follia, beninteso, inaccessibile agli
psichiatri. Il dialogo con Nietzsche, per non essere equivoco, dovrebbe muoversi su questo
piano. Tutto il resto, anche il ridurre Nietzsche a semplice portavoce dell’epoca in cui visse, è
un’esercitazione accademica che finisce per lasciare il tempo che trova.
Il pensiero di Nietzsche ha uno sviluppo spiraliforme. Così parlò Zarathustra, l’oltreuomo o
l’eterno ritorno dell’uguale non sono temi che irrompono come un lampo nella notte, ma sono
annunciati fin dalle sue prime opere. Se una difficoltà vera c’è in Nietzsche, essa consiste nel
trovare il linguaggio e la formula adatti al tema.
L’idea che l’uomo sia qualcosa da superare è già presente nei saggi Fato e storia e Libertà
della volontà e il fato che egli scrive diciassettenne, ma l’opera nella quale si comincia a
vedere con chiarezza il fondamento di tali teorie è certo La nascita della tragedia, ove
Nietzsche identifica nella civiltà greca la matrice decisiva del modo di pensare del suo tempo,