Page 331 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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una canzone di gondolieri,
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                      tremando di beatitudine multicolore.                                nome.  Vuole  per  favore...».  «Io  sono  Wille»  rispose
                      L’ascoltava qualcuno?  20                                           chiatra. Qualche anno fa ho avuto con lei una conver-
                                                                                          sazione  sulla  mania  religiosa.  L’occasione  era  stata  un
                                                                                                                                           23
                      Overbeck ne fu sconvolto. L’amico lo commuoveva,                    pazzo, un certo Adolf Vischer, che allora viveva qui» .
                   ma  anche  lo  terrorizzava.  Ogni  volta  che  Nietzsche,             Overbeck,  che  era  in  grado  di  controllare  l’esattezza
                   uscendo  dal  suo  dormiveglia,  accennava  a  muoversi,               dei ricordi di Nietzsche, fu colpito dal fatto che l’ami-
                   Overbeck  invocava  subito  l’accompagnatore:  «Bett-                  co, così lucido su episodi insignificanti che risalivano a
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                   mann! Bettmann» . Avvicinandosi, alle prime luci del-                  sette  anni  prima,  non  fosse  però  in  grado  di  collegare
                   l’alba, la stazione di Basilea, dove c’era ad attenderli una           Wille e la Friedmatt alla sua situazione. Uscì dalla clini-
                   carrozza, si pose il problema di evitare le scene che era-             ca  con  i  peggiori  presentimenti  e,  senza  ancora  cono-
                   no avvenute a Torino e a Novara o altre imprevedibili                  scere  la  diagnosi,  scrisse  a  Gast:  «È  proprio  finita  per
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                   intemperanze. Bettmann prese da parte Nietzsche e gli                  Nietzsche» .
                   disse  con  aria  di  importanza:  «Lei  è  un  principe.  Alla          Andati via Overbeck e Bettmann, Nietzsche si lasciò
                   stazione di Basilea la attende una folla festante. Però per            condurre docilmente nel reparto a lui destinato. Vi fece
                   ora lei viaggia in incognito, in attesa del grande ricevi-             un  ingresso  maestoso.  Poiché  la  giornata  era  coperta
                   mento  di  stasera,  passi  quindi  davanti  alla  gente  senza        benedisse gli astanti: «Brava gente, domani voglio rega-
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                   salutare, atteggiamento che si confà al suo prestigio, fino            larvi un tempo splendido» . Prese volentieri anche un
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                   alla carrozza che sarà ad attenderla» . Questo discorso                bagno, mangiò con enorme appetito e si fece visitare dai
                   sconclusionato  fece  centro  e  Nietzsche  attraversò,  cal-          medici senza piantare grane, dimostrandosi anzi dispo-
                   missimo, la stazione, entrò nella carrozza e si rannicchiò             nibilissimo e molto compito. Disse di sentirsi straordina-
                   in un angolo.                                                          riamente bene, mai era stato così allegro, e gli sarebbe
                      Quando  fecero  il  loro  ingresso  alla  Friedmatt  ci  fu         piaciuto  abbracciare  tutti,  arrampicarsi  sui  muri  e  fare
                   una  scena  surreale.  Nietzsche  non  si  rendeva  conto  di          altre  “pazzie”  (disse  proprio  così)  del  genere.  Parlava
                   dove fosse e non riconobbe nemmeno Wille che, dopo                     però continuamente, in modo confuso, senza che i suoi
                   i convenevoli d’uso, si allontanò per qualche istante la-              discorsi, almeno per quanto ne potevano capire i medi-
                   sciando Nietzsche, Overbeck e Bettmann in compagnia                    ci, avessero un nesso logico. Alle domande rispondeva
                   del  suo  assistente.  Nella  pausa  Overbeck  si  scusò  con          parzialmente oppure per niente.
                   Bettmann per non averlo presentato a Wille. «Certo!»                     Quel  pomeriggio  lo  passò  interamente  a  letto  e  nei
                   interloquì Nietzsche, come se la cosa fosse della massi-               giorni seguenti, benché fosse imbottito di calmanti (alla
                   ma  importanza,  «bisogna  presentarlo.  Ma  chi  era  quel            Friedmatt si usava il Sulfonal), le cose andarono peggio.
                   signore?»  Overbeck,  che  temeva  che  il  nome  di  Wille            Durante le passeggiate parla a voce altissima, urla, canta,
                   evocasse  il  manicomio,  temporeggiò.  Quando  Wille                  schiamazza,  gesticola  e  ogni  tanto  si  toglie  cappello,
                   rientrò  nella  stanza  Nietzsche,  assumendo  un  porta-              giacca e panciotto e si sdraia per terra. La notte è inson-
                   mento molto dignitoso e usando i suoi modi più corte-                  ne,  si  alza  infinite  volte  per  pulirsi  i  denti  e  lavarsi  e
                   si,  gli  disse:  «Credo  di averla  già  vista in  passato e mi       parla,  parla,  parla,  incessantemente.  Ai  medici  e  agli
                   dispiace molto di non aver presente al momento il suo                  infermieri chiede ossessivamente che gli procurino delle




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